Una delle più potenti armi di Putin nelle sue “guerre ibride” è la disinformazione, o la deliberata manipolazione dei media, che lui utilizza per creare delle grandi falsità atte a mascherare le sue aggressive ambizioni e azioni imperialistiche.

Per coloro che non hanno una certa familiarità con l’Est d’Europa, la guerra attualmente in corso in Ucraina orientale è difficile da capire. Naturalmente, il presidente russo Vladimir Putin vuol far credere che si tratta di una guerra “civile” per l’indipendenza di coloro che parlano e che hanno prevalentemente tradizioni russe in Ucraina orientale, dai nativi dell’Ucraina centrale e occidentale. La sua macchina propagandistica ben oliata e ben finanziata ha usato molto tempo, denaro e sforzi per convincere il mondo occidentale che il governo ucraino è dominato da forze fasciste ultra-nazionaliste che si sono impossessate del potere nel 2014 con un illegale colpo di stato; ma mescolando ancora di più le acque, continua a sostenere che le forze russe non sono coinvolte nell’acquisizione della Crimea e che non ci sono soldati russi che combattono in Ucraina orientale.

Naturalmente, poche persone si sono prese la briga di verificare i fatti, e queste si sono rese conto che le “chiacchiere” che arrivano da Mosca non possono avere un senso logico; ma la cosa peggiore, è che ciò dimostra chiaramente che oggi, una delle più potenti forze dei vari settori, è l’informazione, che da Putin viene usata nella sua forma peggiore: disinformazione, o manipolazione deliberata per creare verità alternative alle quali la gente, sia per pigrizia o per mancanza di tempo, aderisce passivamente e poi si comporta e ragiona di conseguenza.

La manipolazione messa in piedi dal Cremlino, si muove in varie forme. Ci sono i canali media russi come Russia Today e Sputnik, che forniscono notizie “alternative” – o più propriamente create – dai propagandisti russi. C’è anche un vasto esercito di troll e di programmi automatici, definiti bot, che mascherano le identità russe e inondano i canali internet e social media con disinformazione, diffamazione, accuse e false proteste. Coloro che creano i maggiori problemi comunque, sono le reti dei cosiddetti esperti accademici e politici di tutto il mondo, che si atteggiano da “indipendenti”, ma che in realtà sono stra-pagati, per plasmare analisi, opinioni o fatti che poi inviano ad autorevoli media occidentali facendoli passare per “materiale esclusivo” ed estremamente autorevole, quando invece non sono altro che perpetuazioni di falsità, distorsioni e calunnie contro l’Ucraina, la sua gente e il suo governo.

L’ambito della guerra di disinformazione di Putin è diventata molto chiara nel corso dello scorso anno, quando abbiamo scoperto i dettagli del coinvolgimento del Cremlino nella campagna elettorale statunitense. I servizi di intelligence russi, per raggiungere i loro obiettivi politici, spendono ogni anno centinaia di milioni di dollari per forgiare false storie, voci, “fatti alternativi” e invenzioni da pubblicare nella stampa regolare occidentale e sui social media. Praticamente tutti i media russi sono strettamente controllati dal governo, e troppo spesso i media occidentali “creduloni” tendono ad accettare il materiale che pubblicano come legittimo giornalismo, quando invece non è altro che fuffa.

Prendiamo ad esempio la guerra in Ucraina orientale. La posizione ufficiale “spinta” dal Cremlino è che i “ribelli” sono nativi locali o separatisti ucraini, che fino a poco tempo fa facevano gli agricoltori o i minatori, i quali hanno deciso d’imbracciare le armi che avevano in casa e si sono messi a combattere contro l’illegale governo fascista di Kiev.

A parte che la sola dichiarazione, se pensiamo a quante armi ci sono in Ucraina Orientale – carri armati, missili, veicoli corazzati, sistemi anti-aerei, sofisticata tecnologia militare russa – fa ridere anche i polli. Come può un agricoltore usare dalla mattina alla sera un sistema anti-aereo? Come può un minatore, smettere la pala e il giorno dopo usare disinvoltamente un carro armato? Ma poi, ci sono una caterva di prove, che vanno dalle immagini satellitari, dati di intelligence, foto di militari russi, video amatoriali di persone locali, dichiarazioni di soldati e catture di soldati regolari russi che contraddicono le dichiarazioni di Putin e dei suoi accoliti.

Come se non bastassero le prove sul terreno, alla fine del 2016, alcuni gruppi di hacker ucraini hanno reso pubbliche delle e-mail presumibilmente prelevate dall’ufficio del funzionario del Cremlino, Vladislav Surkov, che sovrintende la politica dell’Ucraina in nome e per contro del presidente russo, Vladimir Putin. Le e-mail di Surkov confermano quello che molti hanno sempre sospettato: il Cremlino ha orchestrato e finanziato i governi “indipendenti” del Donbas – zona dell’Ucraina Orientale – e cerca di forgiare la politica interna ucraina. Le e-mail dell’ufficio di Surkov tradiscono completamente la linea ufficiale del Cremlino, rivelano l’entità del coinvolgimento russo nell’appropriazione illegale del territorio ucraino, nella formazione delle due “Repubbliche Popolari”, nella loro gestione, finanziamento e forniture necessarie alla loro sopravvivenza. Mosca, come appare dal computer di Surkov, sta persino inviando, tramite gli “aiuti umanitari”, le attrezzature per gli uffici dei leader delle due “Repubbliche” pagliaccio. Le e-mail, forniscono evidenti e irrefutabili prove che le “Repubblica Popolare di Donetsk e Lugansk” non sono attori indipendenti: sono una creatura del Cremlino.

È quanto mai necessario che l’Occidente, usando un profondo sospetto, senza concedere credibilità o legittimità, inizi a trattare Putin, il suo governo e i media russi per quello che sono. È evidente che Putin è determinato a riconquistare gran parte dell’ex impero sovietico, come anche a destabilizzare l’Europa e la NATO.

In definitiva, dunque: condanna politica, determinazione, ricerca delle cointeressenze possibili e compattezza alleata. Mosca non è credibile, ma sicuramente è un avversario pericoloso, per ragioni politiche prima ancora che militari. A noi il compito di reagire, senza demonizzazioni, ma con fermezza.