Per diversi motivi ho dovuto disertare in questi mesi le pagine di StopFake, motivi legati al nuovo lavoro, ai tanti impegni ed anche una presa di coscienza che il fact checking è forse superato in quanto siamo in una fase nuova della guerra ibrida dove prevalgono le misure attive sulla classica disinformazione.

L’unico tema che ho sempre seguito è la vicenda Markiv, accusato della morte di Rocchelli e Mironov e condannato in primo grado a 24 anni di carcere. L’ottimo lavoro di The Wrong Place ha confermato quanto ho sempre sostenuto, anche prima dell’arresto di Vitaly Markiv. Credo di essere stato l’unico in Italia a smontare le teorie dell’accusa prima ancora che si concretizzassero con l’arresto di Vitaly Markiv, accuse che sembravano talmente balzane che mai nessuno avrebbe immaginato che avrebbero potuto sorreggere la tesi accusatoria di una Corte di Assise.

Mi sono fatto l’idea che il processo a carico di Markiv sia un processo politico e che l’ottimo Raffaele Della Valle stia giocando una partita dove le regole sono truccate. Da una parte un Principe del Foro che ha dedicato la sua vita al Diritto, dall’altra un sodalizio che sembra voler giocare con altre regole. La definizione “aldilà di ogni ragionevole dubbio” non è stata presa minimamente in considerazione dalla Corte di Pavia (vi erano una montagna di dubbi anche per i più fervidi colpevolisti) e quindi tutto il lavoro della difesa è risultato vano. Uno dei miei commenti passati era stato che se anche i poveri Mironov e Rocchelli fossero entrati da redivivi in quell’aula sostenendo che Markiv era innocente, la Corte avrebbe condannato ugualmente Markiv.

Nonostante sia vicino alla famiglia di Vitaly ed anche a quella di Mironov e Rocchelli (che va ricordato non possono riposare in pace perché al loro sacrificio non è seguita l’individuazione dei veri esecutori), avevo deciso di tirarmi fuori da questo processo anche per evitare di essere l’alibi di facili strumentalizzazioni create da disinformatori di professione per i quali ogni occasione è buona per portare acqua al loro mulino. 

Quanto appreso questa mattina però grida vendetta, non possiamo rimanere inermi di fronte a fatti gravissimi che aldilà di questo processo, potrebbero riguardare qualsiasi cittadino italiano, fatti che ci riportano ai tempi del processo a Enzo Tortora, quando anche in quella occasione si era fatto scempio del Diritto.

La notizia in questione è la traduzione sbagliata della Corte di Pavia, traduzione che è stata pietra angolare per giungere alla condanna a 24 anni di carcere di un innocente.

Il piccolo errore sta in questa frase: “Abbiamo fottuto un giornalista”

Peccato che la frase attribuita a Markiv, dopo la traduzione corretta in Appello, sia risultata “Hanno fottuto un giornalista e adesso vogliono incolpare me”.

Bisogna quindi fare una profonda riflessione su tutto l’apparato Giustizia che ha preso parte in questo processo.

Il traduttore era già stato segnalato come inattendibile durante il primo grado, ma la Corte aveva fatto spallucce. La Corte ha ammesso un documento palesemente falso reperito su internet dal sito Russkaja Vesna ed ha accettato la versione dell’accusa di un documento in lingua inglese dell’OSCE, dove si sosteneva esattamente il contrario di quanto sostenuto dall’accusa.

Il processo a Vitaly Markiv è un processo indiziario, non essendoci una sola prova a suo carico, se si seguisse lo stesso metro di giudizio, con gli indizi sopra esposti ci sarebbe materiale per aprire un procedimento a carico del sistema giudiziario italiano. Ma noi siamo persone serie che credono ancora nei valori fondanti del sistema giudiziario italiano e pensiamo che tutti questi indizi siano stati solo una sfortunata concatenazione di eventi che hanno portato sulla strada sbagliata la Corte di Pavia, cattiva strada che sarà corretta da un più attento esame da parte del secondo grado di Milano.

Come durante tutto il processo si è nuovamente scatenata la grancassa mediatica, forse anche grazie al fatto che la Federazione Nazionale Giornalisti è parte in causa in questo processo e in caso di condanna ne avrà dei benefici economici. Questa è un’altra delle anormalità di questo processo, ovvero coloro che dovrebbero essere i segugi della Democrazia si sono schierati da una parte durante il processo, abiurando ad uno dei dogmi che dovrebbe guidare un giornalista, ovvero la ricerca della verità. Siamo sicuri che coloro che avevano scritto articoli sulla base di “Abbiamo fottuto un giornalista” non rettificheranno, ma anzi cercheranno di sostenere la loro narrativa arrampicandosi sugli specchi.

Sono stato anche messo al corrente che la famiglia Rocchelli avrebbe scritto a StopFake per replicare ad uno dei tanti articoli che abbiamo pubblicato sul caso. Dopo una accurata ricerca nei nostri archivi non è risultata alcuna mail proveniente dalla famiglia di Rocchelli, né dai suoi avvocati. Anche in questo caso però ci mettiamo dalla parte di chi può sbagliare (potremmo aver cancellato inavvertitamente la mail o potrebbe essere finita in spam) e reiteriamo la nostra disponibilità a rispondere nel caso ci venisse inoltrata la mail originale. Rimaniamo anche a disposizione per un incontro, un incontro più volte sollecitato nei nostri precedenti articoli, perché da giornalisti freelance abbiamo a cuore la memoria del povero Rocchelli e di Mironov ed anche noi vogliamo che venga fatta Giustizia e vengano individuati i colpevoli, non UN colpevole a caso.

Noi sui colpevoli abbiamo le idee abbastanza chiare, ma sarebbe stato necessario escutere personaggi che, nonostante precise e puntuali segnalazioni, non sono stati presi in considerazione.

PS: Cara Corte di Assise di Pavia, la prossima volta che dovrete decidere della vita di un giovane ragazzo, prendete un interprete che abbia un CV rispettabile e non l’amico di mio “cuggino che è tanto bravo e mi fa ammazzare dalle risate”.