L’Ucraina è stato il test russo per l’uso della disinformazione ai fini della destabilizzazione di uno Stato. Una sorta di grande poligono dove testare le “nuove armi” all’interno di uno scenario di nuove guerre ibride. Dopo l’Ucraina è stata l’ora del Regno Unito ai tempi della Brexit, poi le elezioni americane ed infine tutti i paesi europei ove si sono svolte elezioni politiche, compreso anche il caso della Catalunya.

Un risiko internazionale che ha seguito sempre lo stesso schema, così come le risposte a tali attacchi sono sempre arrivate dai singoli paesi che venivano colpiti di volta in volta, mai che nessuno avesse compreso in anticipo la forza di tali attacchi.

Una domanda che quasi nessuno si pone è se dopo questa prima fase di attacchi disinformativi seguirà un’altra forma di attacco.

In realtà la risposta è semplice e non richiede particolari esercizi divinatori.

Ovviamente vi saranno altre forme di attacco, siamo in piena guerra ibrida dove la disinformazione rappresenta solo un primo step. Sempre guardando al “caso Ucraino” possiamo immaginare quali saranno le prossime forme di attacco. E’ probabile che le prossime mosse saranno sempre di tipo ibrido tramite l’utilizzo degli hackers che oramai sono diventati parte integrante della GRU russa.

Nel 2015 poco prima di Natale, un attacco hacker proveniente dalla Russia lasciò al buio un quarto della popolazione ucraina. Facevano parte di un blitzkrieg digitale che ha colpito l’Ucraina negli ultimi tre anni. Un esercito di hacker ha sistematicamente minato praticamente ogni settore dell’Ucraina: media, finanza, trasporti, militare, politica, energia. Un’ondata dopo l’altra di intrusioni ha cancellato i dati, distrutto i computer e, in alcuni casi, ha paralizzato le funzioni di base delle organizzazioni. “Non si può davvero trovare uno spazio in Ucraina dove non vi sia stato un attacco”, affermava Kenneth Geers, un ambasciatore della NATO che si concentra sulla sicurezza informatica.

Già nell 2009, quando il malware Stuxnet della NSA accelerò silenziosamente alcune centinaia di centrifughe nucleari iraniane fino a distruggerle, sembrò offrire un’anteprima di questa nuova era, a quei tempi gli americani, oggi la Russia.

Anche l’Italia, come gli altri paesi europei, ha subito pesanti attacchi informatici, e tutto fa pensare che oramai le porte siano aperte e i trojan inseriti nei punti vitali del nostro paese. Basterà attivarli e si potrà creare il caos.

Tale minaccia potrebbe rivelarsi tanto potente quanto la minaccia nucleare. Nessuno si sentirebbe più al sicuro, anche il comune cittadino all’interno delle mura domestiche potrebbe essere colpito.

C’è chi dice che le prossime guerre si baseranno sui big data, sicuramente l’elemento digitale sta prendendo il sopravvento su quello puramente militare. Così come nella politica dove chi controlla i dati viene eletto, anche in campo geopolitico ora come ora chi ha il miglior apparato hacker può guardare gli altri da una posizione di forza. Chi pensa che l’Italia sia al riparo si sbaglia di grosso, basti pensare che la maggior parte dei vetusti computer della pubblica amministrazione hanno ancor oggi installato il sistema operativo Windows XP che anche un bambino è in grado di violare, sistema operativo che Microsoft non supporta più da anni e non rilascia pertanto patch di sicurezza aggiornate.

Superato quindi il primo livello di guerra ibrida è probabile che la disinformazione lascerà il posto ad azioni ben più impattanti dal punto di vista del sentiment comune. Come reagirebbe la popolazione italiana se di colpo si trovasse senza elettricità o se sui suoi televisori apparisse di colpo l’annunciatrice Nord Coreana nel bel mezzo di una prodezza di Higuain ?

Prepariamoci, magari nei prossimi anni, a questo nuovo inquietante scenario.