Quando abbiamo saputo che sabato 21 febbraio 2015 la RAI2 avrebbe mandato in onda un reportage sulla guerra in Ucraina non c’eravamo fatti troppe illusioni. Che la tv di stato italiana potesse confezionare un reportage in stile BBC in cui le profonde questioni legate alla guerra in Ucraina venissero affrontate in prospettiva storica, con riferimenti puntuali e offrendo il punto di vista di entrambe le fazioni non ce l’aspettavamo di certo visto il livello di mediocrità dei media autoctoni, ma che si arrivasse a trasmettere su RAI2, canale televisivo pagato con il canone dei contribuenti la cui mission (teorica) è quella di informare e di fare servizio pubblico, un dossier come quello firmato da Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi questo non l’avevamo immaginato neanche nel peggiore degli incubi.

Uso non a caso la parola incubo perché quello andato in onda è un esercizio di manipolazione della realtà che andrebbe mostrato a tutti gli aspiranti giornalisti come esempio di cosa significhi distorcere la verità, usando e tagliando interviste e testimonianze, al fine di creare una “realtà altra” molto vicina all’incubo orwelliano di 1984.

Il reportage andrebbe visto più volte per poter analizzare puntualmente tutte le sue distorsioni.  In questa sede mi limiterò a fare alcune considerazioni di massima frutto degli appunti presi mentre assistevo in diretta a questa triste pagina di disinformazione televisiva.

Partiamo dal titolo. Un titolo che già nella sua formulazione tradisce l’intento manipolatorio di un video che, lungi dall’essere un reportage, è un film a tesi. La tesi è che in Ucraina vi sia stato un colpo di stato da parte di “forze fasciste” e che i patrioti del Donbas, poveri minatori e trattoristi, pressoché sprovvisti di armi, si stanno opponendo con tutte le forze a questo disegno egemonico imperialista-nazista e sono costretti a uccidere i propri fratelli per il bene del loro paese!!

Intitolare questo video “Fratello contro fratello” significa in primis veicolare un messaggio forte e menzognero ossia che in Ucraina c’è una guerra civile. Niente di più falso.

Se partiamo dalla definizione di guerra civile come “conflitto armato di vaste proporzioni, nel quale le parti belligeranti sono costituite da persone appartenenti alla popolazione di un unico Stato” è ben chiaro a tutti che quella che si sta combattendo in Ucraina non è una guerra civile ma una guerra tra ucraini e milizie mercenarie inviate da Mosca.

Negare questa evidenza come fa il “reportage” di Sceresini e Giroffi significa negare ciò che la stessa Unione Europea ha ufficialmente riconosciuto e che è stato documentato più volte in video e foto da tanti i paesi democratici: in Donbas ci sono truppe e armamenti che provengono da Mosca.

Patetico anche il tentativo nella prima parte del video di dipingere i cosiddetti separatisti come patrioti male armati e male equipaggiati disposti a immolare la propria vita per opporsi ai “fascisti di Kiev”. Sembra francamente strano che ai due autori sia sfuggita la singolare circostanza che quelli da loro definiti separatisti siano dotati di missili Grad e che uno di essi, Igor Vsevolodovich Girkin, conosciuto anche con il nome di Igor Ivanovich Strelkov, si sia addirittura vantato pubblicamente con un post su twitter di aver abbattuto l’aereo malese il 17 luglio 2014. Difficile pensare che i missili Grad possano essere acquistati in un mercato di Donetsk!

Ma torniamo al reportage. Dopo l’intervista in trincea a un cosiddetto filorusso, molto probabilmente un mercenario russo visto che la cadenza con cui parlava non è quella del russo che si parla in Donbas, il servizio prosegue con un’intervista a un giornalista-ideologo che, cartina alla mano, spiega che l’Ucraina non esiste e che legittimamente in Donbas si combatte per la ricostituzione della Novorossiya. E che dopo aver conquistato il Donbas – la Crimea è già nostra! – si procederà a liberare Kharkov, Zaporozhye e Odessa dalla piaga fascista-nazionalista.

Ovviamente gli autori di questo “lavoro giornalistico” – le virgolette sono d’obbligo – si guardano bene dall’informare l’ignaro spettatore, che vorrebbe cercare di comprendere cosa stia realmente succedendo in quelle terre orientali, che l’Ucraina è uno stato indipendente dal 1991, che sia il Donbas sia la Crimea hanno votato a favore dell’indipendenza ucraina nel 1991 e che prima del febbraio 2014 la Novorossiya era solo un delirio partorito dalla mente dell’ideologo eurasista Dugin.

Neanche un accenno al fatto che nelle settimane precedenti al making del reportage sono stati solo 30 su 740 i residenti del Donbas che hanno scelto di lasciare i territori di guerra per riparare in Russia. Come si spiega questa percentuale decisamente bassa con la tesi fatta propria dal reportage che in Donbas la maggioranza della gente vuole vivere e ricongiungersi con la Santa Madre Russia? Forse chi decide di riparare a Kiev e a Leopoli è un sadomasochista che decide di farsi torturare dai famigerati nazisti ucraini?

Quando dopo mezzora circa di bombardamento mediatico e di lavaggio del cervello, condito da messaggi reiterati su fascisti di Kiev, partigiani del Donbas e apologia di uno stato inesistente come la Novorossiya, i due reporter decidono di occuparsi del fronte opposto, quello ucraino, la scena si sposta a Kiev.

In una Kiev dove i militanti “fascisti” e “ipernazionalisti” di Svoboda salutano un battaglione di volontari che parte per il fronte.

Ovviamente l’enfasi è su Svoboda, definito partito di nazisti, sui suoi militanti e sulla “giunta” di Kiev. Neanche un accenno al fatto che i vari battaglioni sono composti di volontari di diversa estrazione politico-sociale che affiancano l’esercito regolare, nessun accenno al fatto che Svoboda e Pravyi Sektor, partiti nazionalisti non nazisti, hanno ottenuto consensi elettorali talmente irrisori che non hanno eletto deputati alla Rada (il parlamento monocamerale ucraino), nessun accenno al fatto che le elezioni presidenziali di maggio 2014 e quelle parlamentari di ottobre sono state riconosciute internazionalmente come libere, trasparenti e democratiche a differenza dei referendum farsa di Luhansk e Donetsk imposti, come in precedenza in Crimea, con le armi.

Una piccola postilla sulla Crimea. Quando i nostri reporter hanno intervistato il giornalista-ideologo della Novorossiya che pontificava sulla russicità della Crimea si sono guardati bene dall’evidenziare la natura multietnica di questa regione o dall’accennare che nel referendum del 16 marzo 2014, imposto con kalashnikov e carri armati, le schede erano già state votate come ha peraltro confessato lo stesso Strelkov in un’intervista a un giornale inglese.

Ai nostri è sfuggita un’altra questione che evidentemente reputano di poco conto, mi riferisco alla violazione del memorandum di Budapest del 1994 che garantiva all’Ucraina la sua integrità territoriale in cambio dello smantellamento del suo arsenale nucleare. La Russia, paese che assieme a Gran Bretagna e Stati Uniti aveva firmato quell’accordo, è lo stesso paese che l’ha violato annettendosi la Crimea e invadendo militarmente il Donbas. Forse gli autori del reportage reputano il diritto internazionale una sovrastruttura borghese!

Ciliegina sulla torta il finale di questo film a tesi ossia l’intervista a una donna di Donetsk che afferma con faccia straziante da brava attrice di melodramma, anzi mi verrebbe da dire da opera buffa, “ Ma perché Putin non manda l’esercito? I fascisti ci riempiono di fosforo e missili!!”

Forse occorrerebbe rassicurare la signora che Putin l’esercito l’ha inviato ormai da mesi e che i missili sono già stati lanciati contro la popolazione civile a Kramatorsk, Mariupol e altre città su ordine dello stesso zar.

Ma la verità nell’incubo orwelliano costruito da Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi si chiama falsità, la guerra è pace, 2+2 fa 3 e l’antifascismo è quello di Putin e dei suoi seguaci (prezzolati e non).

Massimiliano Di Pasquale