Fonte UCMC

Il 13 dicembre 2018 i capi dei Paesi-membri dell’Unione europea riunitisi in una seduta del Consiglio europeo hanno prolungato le sanzioni contro la Federazione Russa per altri sei mesi.

I rappresentanti di vari Paesi membri si sono lamentati diverse volte che le sanzioni danneggiano le economie dei loro Paesi. Per esempio, Matteo Salvini, il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, le ha definite “un’assurdità sociale, culturale ed economica”. Le associazioni agricole italiane sostengono di perdere tre miliardi di euro l’anno. Ad inizio del 2018 i Presidenti di cinque regioni in Germania hanno fatto un appello al governo centrale perché le sanzioni contro la Russia venissero ammorbidite. In Francia, Grecia, Austria, Ungheria e in alcuni atri Paesi membri dell’Unione Europea, ci sono voci che presentano i dati delle perdite derivanti dalle sanzioni contro la Russia (oppure dalle contro-sanzioni della Russia introdotte in risposta all’Ue)  pari a miliardi di euro e chiedono che l’Ue le ammorbidisca o le revochi del tutto.

Il centro analitico ucraino “La Nuova Europa” (New Europe Center) ha analizzato i dati dell’Eurostat e dei servizi nazionali per la statistica resi pubblici. I risultati della ricerca sono stati presentati in un briefing stampa nell’Ukraine Crisis Media Center.

Secondo la ricerca, la percentuale delle merci che nel 2014 si sono trovate sotto il divieto di esportazioni verso la Federazione Russa, è minore e costituisce solo lo 0,3 per cento delle esportazioni totali dell’Unione europea verso i Paesi terzi.

 

L’Ue è riuscita a diversificare le esportazioni dei prodotti agricoli. Negli anni 2014-2017 i 28 membri dell’Unione europea hanno aumentato le esportazioni dei prodotti agricoli verso i Paesi terzi di 18 miliardi di euro, mentre le esportazioni di tali prodotti verso la Russia in questo periodo sono diminuite di 5,4 miliardi di euro. Quindi, la crescita delle esportazioni ha superato le perdite nel mercato russo più di tre volte.

 

 

I cinque Paesi-membri dell’Ue che hanno accusato di più la riduzione delle esportazioni verso la Federazione Russa nei 2014-2017 sono: la Lituania (esportazioni sono calate del 5%), l’Estonia (ha perso il 4,3%), la Finlandia (il 4%), la Slovacchia (il 3,7%), la Lettonia (il 2,5%). Da notare, però, che questi sono i Paesi che non si schierano contro le sanzioni a livello europeo. Mentre i Paesi i cui politici a volte appellano alla revoca delle sanzioni hanno subito riduzioni molto meno significanti: le esportazioni verso la Russia dalla Germania sono calate del 1,3%; dall’Italia dell’1%; dalla Francia dello 0,6%.

 

 

Inoltre nel 2017, rispetto al 2016, i 26 Paesi-membri dell’Unione Europea (a parte Malta e la Croazia) hanno aumentato le loro esportazioni verso la Russia. Le esportazioni dalla Francia sono cresciute del 12%, dall’Italia del 16%, dalla Germania del 17%. La percentuale media della crescita delle esportazioni verso la Russia provenienti dall’Unione europea costituisce il 12 per cento.

 

 

Nel 2018 lo scambio commerciale con la Russia continua a crescere per la maggior parte dei Paesi-membri dell’Ue.

 

Il Centro analitico “La Nuova Europa” ha anche fatto un’analisi dettagliata delle situazioni nei Paesi che ultimamente si sono appellati per la riconsiderazione delle sanzioni dell’Ue – l’Italia, l’Ungheria e l’Austria. Vi proponiamo le informazioni relative all’Italia.

L’Italia è uno dei paesi più critici sul regime delle sanzioni fra i Paesi membri dell’Unione europea, e lo è diventato in particolare, da quando al governo vi è la coalizione giallo-verde. Per questo alcuni politici ucraini sono convinti che l’Italia lavori contro l’unità europea per quanto riguarda la politica delle sanzioni. È diventato il primo Paese ad aver incluso la revoca delle sanzioni alla Russia nell’accordo di coalizione nazionale. Il leghista Matteo Salvini, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, non perde occasione di sottolineare i danni e i mancati risultati delle sanzioni così come le necessità di revocarle. Da fine maggio 2018 – il momento in cui è entrato nel governo italiano, ha fatto due visite a Mosca.

Un altro fatto che spesso rimane fuori dal dibattito è che la percentuale delle importazioni proibite dalla Russia è pari soltanto all’1 per cento delle esportazioni dei prodotti agricoli, rispetto alle cifre del 2013. Inoltre le esportazioni dei prodotti agricoli dall’Italia verso gli altri Paesi cresce continuativamente a partire dal 2013, e così nel 2017 ha raggiunto il record pari a 41 miliardi di euro.

Nel 2013 la percentuale relativa alla Russia si attestava al due per cento, mentre la percentuale dei prodotti che l’Italia non può esportare verso la Russia a seguito alle contro-sanzioni del Paese, è pari al 1,7 per cento delle esportazioni totali dell’Italia verso la Russia.

Anche se la Russia cancellasse le contro-sanzioni, non aiuterebbe l’Italia a migliorare i risultati delle sue esportazioni, prendendo anche in considerazione che l’economia del Paese è orientata verso l’industria ed è seconda, nell’Unione europea, per capacità industriali.

“La Nuova Europa” sottolinea che con la crescita dei prezzi mondiali del petrolio e con la stabilizzazione della situazione economica in Russia nel 2016, le esportazioni verso quest’ultima sono cresciute, particolarmente quelle provenienti dall’Italia. Nel 2017 le esportazioni totali dall’Italia verso la Russia sono cresciute del 18,9 per cento; le esportazioni dei prodotti agricoli – del 25,2 per cento, nonostante i continui divieti. Intensa è anche la cooperazione fra la Russia e l’Italia negli altri settori: nel 2018 durante la visita del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte in Russia, i rappresentanti italiani e russi del settore commerciale hanno firmato altri 13 contratti il cui costo totale costituisce circa 1,5 miliardi di euro, uno dei contratti è stato fatto con l’azienda Rosneft sanzionata dall’Ue.

Nella ricerca, il centro analitico ucraino, sottolinea che l’Italia continua a seguire la politica del “doppio binario” mettendo in scena il suo atteggiamento favorevole alla Russia e allo stesso tempo sostenendo in silenzio l’unità europea, bloccando però il rafforzamento delle sanzioni. Finora i responsabili della politica estera italiana hanno dato fermi segnali nella direzione del mantenimento in vigore delle sanzioni finché non verranno realizzati completamente gli accordi di Minsk. Gli esperti italiani notano che l’Italia non oserà minare il corso delle sanzioni da sola, sarebbe possibile solo con il sostegno della cosiddetta “coalizione informale” i cui membri possibili sono l’Ungheria e l’Austria. La posizione dei populisti italiani per le sanzioni ha anche causato alcune tensioni fra Roma e Washington. Secondo i media italiani persino la visita di Salvini negli Stati Uniti è stata messa in dubbio. È stato il motivo dell’incontro fra l’Ambasciatore statunitense Lewis Eisenberg e il Vice Presidente del Consiglio Salvini dopo la visita a Mosca di quest’ultimo.

In sintesi è molto probabile che il governo italiano non applicherà la carta del veto nel campo delle sanzioni, almeno prima delle elezioni al Parlamento europeo nel maggio 2019 che evidenzieranno i rapporti di forza delle forze nell’Ue fra i populisti e i democratici.

Le sanzioni europee viste dall’Ucraina e da un Paese-membro

Ernst Reichel, l’Ambasciatore della Repubblica Federale della Germania in Ucraina, che ha partecipato alla presentazione della ricerca de “La Nuova Europa”, ha detto che l’impatto delle sanzioni non è stato catastrofico, ma i dati generali statistici relativi ai Paesi non rispecchiano le conseguenze drasticamente negative per le aziende e i settori che collaboravano strettamente con la Russia, in Germania, ad esempio, si tratta delle aziende specializzate nella costruzione navale e di aziende che consegnavano tecnologia per l’industria petrolifera in Russia.

C’è un certo limite per il volume delle sanzioni che i politici dei Paesi-membri dell’Unione europea eletti in modo democratico possono introdurre senza che causino seri problemi all’interno dei propri Paesi o nelle discussioni fra i Paesi-membri dell’Ue,” ha affermato l’Ambasciatore Reichel durante la discussione. “A volte qui in Ucraina manca questa comprensione, c’è una tendenza a porre delle pretese per l’Unione europea e i suoi Paesi-membri senza preoccuparsi di quanto politicamente siano realistiche e realizzabili queste domande. Al momento nell’Ue la discussione non s’incentra tanto attorno all‘introduzione di sanzioni aggiuntive alla Russia, quanto attorno al preservare le sanzioni già esistenti. Qui, in Ucraina, può essere visto come ingiusto, ma questa è la discussione attuale,” ha concluso il diplomatico tedesco.

Nella foto dall’account Instagram dell’Agenzia ICE: la partecipazione collettiva italiana alla fiera “Batimat Russia 2018″ a Mosca nel aprile 2018.

Le sanzioni aggiuntive per l’aggressione nei pressi del Mare d’Azov

Il 12 dicembre, un giorno prima della seduta del Consiglio europeo, Kyiv ha consegnato all’Ue e alla NATO i cognomi dei militari russi e dei rappresentanti del Servizio della sicurezza della Federazione Russa (il FSB) che hanno preso parte alla cattura delle navi e degli equipaggi ucraini il 25 novembre nel Mar Nero. Ci vuole più tempo per poter svolgere tutte le procedure necessarie per presentare i suddetti documenti ai leader dell’Ue.

Sulla necessità di introdurre le sanzioni aggiuntive per la Russia dopo l’attacco navale si esprimono anche i difensori dei diritti umani. Maria Tomak, esperta del programma dell’USAID “I diritti umani in azione” e coordinatrice di un’iniziativa mediatica per i diritti umani, spiega perché è importante che l’Ue aumenti le sanzioni: “Vediamo già a questo punto varie violazioni: agli avvocati è stato impedito di assistere i loro clienti, dei marinai feriti, i casi sono stati erroneamente qualificati come penali mentre le persone in questione devono essere riconosciute i prigionieri di guerra. Sappiamo già quali giudici e procuratori sono coinvolti, anche se il gruppo investigativo rimane sconosciuto. Sono le persone che senza dubbio vanno sanzionati. Quello che è importante, inoltre, è che in questo processo si leggono cognomi già visti. Ad esempio, il giudice Mozhylianskyi ha già preso parte al divieto di Mejlis (l’organo rappresentativo dei tatari crimeani – UCMC) e in altri processi politicamente motivati. È un punto chiave nell’introduzione delle sanzioni personali,”.