Fonte Stradeonline, Massimiliano Di Pasquale

Chi è Aleksandr Dugin, il controverso personaggio dell’estrema destra russa che Anton Shekhovtsov, studioso dei movimenti neonazisti europei e lo storico Timothy Snyder considerano una delle eminenze grigie ispiratrici delle politiche attuate dal Cremlino negli ultimi anni? Chiarire i contorni di questa figura non è facile, ma necessario per comprendere come mai Dugin goda in Europa delle simpatie di frange politiche di estrema destra ed estrema sinistra e di tutti i movimenti populisti antieuropei. Chiedersi chi sia Dugin e su quali idee si basi la teoria eurasiatica da lui propagandata potrebbe altresì rivelarsi utile per prevedere le future mosse della Federazione Russa sullo scacchiere geopolitico internazionale. E per capire se il progetto dell’unificazione di tutti i popoli di lingua russa in un unico impero, attraverso lo smembramento delle repubbliche ex-sovietiche, sia una minaccia reale per l’Europa o un mero esercizio di retorica neosovietica. Negli ultimi dieci anni la biografia e l’ideologia di Dugin – presidente onorario di Piemonte-Russia, associazione gemella di Lombardia-Russa, fondata dal leghista putiniano Gianluca Savoini – sono state oggetto di rigorose ricerche da parte di diversi studiosi tra cui Stephen D. Shenfield, Markus Mathyl, Andreas Umland, Alan Ingram, Anton Shekhovtsov e Charles Clover.

Da questi studi emerge che il pensiero euroasiatico di Dugin, contrariamente a quanto si possa pensare, trae ispirazione dal mondo occidentale e non dalla tradizione intellettuale russa o slava. Clover, nel libro Black Wind, White Snow: The Rise of Russian’s New Nationalism, individua nella dottrina di Sir Halford Mackinder, accademico britannico dei primi del Novecento, il nucleo centrale delle moderne teorie geopolitiche portate avanti da Dugin. Shekhovtsov, nel paper Alexander Dugin and the West European New Right, 1989-1994, ricostruisce con esattezza i contatti e le frequentazioni tra il futuro ideologo del Cremlino e gli ambienti dell’estrema destra francese, belga e italiana nel periodo a cavallo tra il crollo del Muro di Berlino e i primi anni della presidenza Eltsin.

Figlio di un ufficiale dei servizi segreti e di una dottoressa, Aleksandr Gelevich Dugin nasce a Mosca il 7 gennaio 1962. Nel 1979 per volere del padre si iscrive all’Istituto Aeronautico di Mosca, da cui il secondo anno viene espulso per scarso rendimento scolastico. Decide allora di dedicarsi agli studi di filosofia conseguendo secondo alcuni – le fonti sulla vicenda sono contrastanti – la laurea in questa disciplina nei primi anni Ottanta. Certa invece è, a partire dal 1980, la sua appartenenza al movimento neonazista Ordine Nero SS fondato e capitanato da Evgenii Golovin, noto come Reichsführer. “Dugin fu apparentemente introdotto al pensiero illiberale occidentale nel 1980, quando entrò a far parte del circolo letterario sotterraneo Yashinsky guidato dal poeta, traduttore e scrittore mistico russo Evgenii Golovin. Occultismo, esoterismo, tradizionalismo integralista e mistica fascista erano i soggetti di numerose discussioni all’interno del circolo e un modo di evasione dal repressivo conformismo sovietico” (Shekhovtsov). A detta di Shekhovtsov, il giovane Dugin è affascinato in particolare dalle opere di due autori: il tradizionalista francese René Guénon e il fascista italiano Julius Evola. In quegli anni, su invito, pare, dello stesso Golovin, traduce in russo la versione tedesca di Imperialismo Pagano di Evola. L’interesse per Guénon ed Evola si rafforzerà negli anni seguenti attraverso i contatti di Dugin con i gruppi dell’estrema destra Occidentale. Nel 1987 assieme all’amico Geydar Dzhemal, in seguito fondatore ad Astrakhan del Partito del Rinascimento Islamico (Islamskaia Partiia Vozrozhdeniia), Dugin aderisce al gruppo nazionalista anti-occidentale e anti-semita Pamyat di Dmitry Vasilyev.

“Dugin si unì a Pamyat non tanto per il suo antisemitismo, ma a causa dell’importanza dell’organizzazione in quel periodo: anche se Pamyat alla fine si dimostrò politicamente impotente, era l’unica grande, organizzazione di estrema destra in quel momento” (Shekhovtsov). Nel 1988 Dugin viene eletto membro del Consiglio Centrale di Pamyat ma la militanza all’interno di questa associazione è destinata a esaurirsi ben presto. Di lì a poco infatti verrà espulso da Pamyat ufficialmente “per avere contatti con rappresentanti di circoli di immigrati dissidenti di credenze occultiste e sataniste in particolare con lo scrittore Yuri Mamleyev”. Al di là della pretestuosità o meno delle accuse di satanismo e occultismo che decretano l’espulsione di Dugin, è interessante notare come in tempi recenti la sua figura sia diventata un’icona di riferimento per la scena black metal nazionalsocialista russa come sottolineano Davide Maspero e Max Ribaric nel loro saggio, Come Lupi per le pecore. Storia e ideologia del black metal nazionalsocialista dedicato ai rapporti tra musica metal, occultismo, satanismo e neonazismo.

Al 1989 risalgono i primi viaggi in Europa Occidentale. Secondo Shenfield “Dugin trascorse la maggior parte del 1989 visitando paesi dell’Europa Occidentale dove rafforzò i legami con figure della Nuova Destra come il francese Alain de Benoist, il belga Jean-François Thiriart e l’italiano Claudio Mutti” (Shekhovstov). Nel luglio del 1990 incontra a Parigi l’autore e traduttore belga della Nuova Destra Robert Steuckers. L’incontro, confermato dallo stesso Dugin in un’intervista del febbraio 2006 al sito russo Pravaya.ru , si rivelerà ex post fondamentale nel forgiare il pensiero politico dell’ideologo russo. È infatti Steuckers che lo introduce al concetto di Nazional Bolscevismo, che verrà adottato da Dugin dopo il crollo dell’URSS nel 1991, e con molta probabilità a quello di geopolitica. “Questa ipotesi sembra corretta considerando che tra tutti i primi contatti dell’Europa Occidentale, Steuckers era il solo che scriveva di geopolitica. I suoi primi articoli su Halford John Mackinder e su varie teorie geopolitiche apparvero rispettivamente nel 1986 e nel 1990-91, mentre il secondo articolo fu anche tradotto in russo e pubblicato nel primo numero del giornale di Dugin, Elementy nel 1992. Quel secondo articolo di Steuckers introdusse le idee di Friedrich Ratzel, Johan Rudolf Kjellén, Mackinder, Alfred Thayer Mahan, Paul Vidal de La Blanche, Nicholas John Spykman e Karl Haushofer – idee che in larga parte forgiarono la prima parte dell’opera seminale di Dugin Osnovy geopolitiki” (Shekhovstov).

Sempre nel 1990 Dugin incontra Claudio Mutti, intellettuale dell’estrema destra italiana, fondatore della casa editrice Edizioni all’Insegna del Veltro. Mutti, che a metà degli anni Ottanta dirige la rivista islamista Jihad, pubblicata e sostenuta dall’ambasciata iraniana a Roma, è già noto in Italia per i suoi virulenti attacchi allo stato di Israele. Dopo questo primo incontro, la casa editrice parmense di Mutti pubblicherà nel 1991 il libro di Dugin Continente Russia e un volume sulla cospirazione mondialista contro la Russia dell’autore antisemita russo Igor Shafarevich raccomandato all’editore nazi-maoista, sembra dallo stesso Dugin. Il futuro ideologo del Cremlino ricambia il favore traducendo per la neonata pubblicazione moscovita Milyi Angel un articolo di Mutti sul misticismo islamico. Nel 1991 Dugin, ormai introdotto nei circoli della destra europea grazie all’amicizia con Mutti, partecipa a due conferenze in Francia dove conosce Alain de Benoist, scrittore e filosofo transalpino della Nouvelle Droite, fondatore nel 1968 del Gruppo di Ricerca e di Studi per la civiltà europea, noto come GRECE. Proprio al simposio organizzato a Parigi da GRECE il 24 marzo 1991 Dugin presenta un paper intitolato L’impero sovietico e i nazionalismi all’epoca della perestroika.

“Indipendentemete dal fatto che Dugin abbia incontrato de Benoist in precedenza – come alcuni autori, per esempio Shenfield, affermano – il ventiquattresimo convegno di GRECE fu il primo importante incontro tra i due intellettuali di estrema destra” (Shekhovtsov). Nel novembre dello stesso anno Dugin e de Benoist si vedono di nuovo a un seminario internazionale intitolato “Le Complot” organizzato a Parigi dall’Università Sorbona. Nonostante i due siano gli unici esponenti del movimento della Nuova Destra presenti a quella conferenza sembra improbabile che gli organizzatori possano avere invitato Dugin senza la favorevole raccomandazione da parte di de Benoist. Nel corso del suo soggiorno parigino Dugin conosce anche Jean Parvulesco, un autore francese di origine rumena conosciuto, scrive Shekhovstov, per la “sua ossessione per le teorie cospirative, il grande interesse per i lavori di Guénon ed Evola…” “Il significato dell’incontro di Dugin con Parvulesco, quindi, non può essere sottovalutato; insieme con gli articoli di Steuckers su geopolitica, le apocalittiche teorie cospirative di Parvulesco sulla prossima “guerra finale” (Endkampf) tra l’ordine Euroasiatico e quello Atlantico aveva formato il punto di vista di Dugin sulla geopolitica prima ancora che si interessasse delle opere degli eurasisti russi” (Shekhovstov).

Dal 1990 al 1992, Dugin cura una serie di articoli e di pubblicazioni frutto dello studio di alcuni archivi del KGB resisi disponibili in epoca gorbacioviana.
Nell’aprile del 1992, allo scopo di intensificare i suoi legami con la Nuova Destra Occidentale, invita a Mosca de Benoist, Steuckers e Jean Laloux, l’editore di Krisis, rivista fondata da de Benoist nel 1988 e del cui comitato editoriale fanno parte anche gli italiani Franco Cardini, Agostino Carrino e Marco Tarchi.
Per prima cosa, de Benoist e Steuckers vengono invitati a partecipare a un panel che si tiene negli uffici del giornale Den (in seguito rinominato Zavtra) a cui partecipa anche il leader del Partito Comunista Russo Gennadii Zyuganov e il pubblicista Eduard Volodin. I temi dibattuti – ricorda Shekhovtsov – sono la giustizia nazionale e sociale, il liberalismo, il capitalismo, l’aggressione culturale degli Stati Uniti e il patriottismo e la metafisica russa. Il secondo incontro si svolge invece presso l’Accademia Generale delle Forze Armate Russe. Alla tavola rotonda, incentrata sui temi della sicurezza europea e sullo sviluppo dell’Europa e della Russia, partecipano de Benoist, Laloux e tre ufficiali militari di alto rango dell’accademia, tra cui il Tenente Generale Nikolai Klokotov che in seguito aiuterà Dugin nella stesura del suo famoso testo Osnovy geopolitiki (Principi di Geopolitica). Qualche mese più tardi, nell’estate del 1992, lancia un nuovo giornale, Elementy, nel cui comitato editoriale figurano i nomi di de Benoist, Mutti e Steuckers. Tuttavia de Benoist appare contrariato sia dalla visita in Russia, sia dal fatto che Dugin, senza chiederne l’autorizzazione, abbia inserito il suo nome nel comitato editoriale della neonata pubblicazione moscovita.

Ricordando la sua esperienza russa, de Benoist dichiarerà di essere rimasto disgustato dal rozzo imperialismo e dal giacobinismo di gran parte dei cosiddetti patrioti e che la pubblicazione di Dugin, Elementy sembrava un mix di influenze radicali proposte in maniera confusa e acritica. Che Dugin sia piuttosto confuso lo dimostra anche il fatto che la riflessione sul crollo dell’URSS lo porta a mutare radicalmente il suo giudizio sul comunismo sovietico. Nel 1993 finisce addirittura per collaborare con Gennadii Zyuganov alla scrittura del programma politico del nuovo Partito Comunista della Federazione Russa. In seguito, in un’intervista rilasciata nel 2011 ad Andrea Fais e Federico Della Sala del sito stampa libera.com, prenderà le distanze da Zyuganov dichiarando il fallimento completo di quell’esperienza ma continuerà a esaltare il ruolo positivo di Stalin per le nuove generazioni russe. “Stalin è diventato oggi un mito popolare russo. Lui è stato un grande leader di un grande paese. Confrontandolo alla Russia di oggi con i suoi leader miserabili, Stalin è un titano. Il suo culto cresce insieme alla lotta degli gnomi russofobici liberali contro di lui ed insieme all’odio dell’Occidente.” Ma torniamo al 1993. Dopo la collaborazione con gli stalinisti di Zyuganov, Dugin fonda assieme allo scrittore Eduard Limonov il Partito Nazional-Bolscevico (NBP).

Obiettivo dichiarato di questo movimento politico è salvare una parte dell’eredità bolscevica ossia quella nazionalista russa, coniugandola con il pensiero della Nuova Destra. Per sottolineare questa duplicità ideologica e creare visibilità mediatica l’NBP adotta come proprio emblema la falce e il martello all’interno di un cerchio bianco su sfondo rosso unendo il simbolo del comunismo al vessillo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP) e della Germania nazista. Come ha sottolineato Timothy Snyder, Dugin anziché abiurare Nazismo e Stalinismo, le due ideologie totalitarie che hanno devastato il Novecento causando milioni di morti, le rimodella e le pone a fondamento della sua nuova teoria politica. Nel libro Fondamenti di Geopolitica, sorta di manifesto programmatico del pensiero eurasiatico pubblicato nel 1997, Dugin arriva a sposare le idee di Carl Schmitt, ideologo del Terzo Reich. Nel suo pantheon di riferimento, un pot-pourri contraddittorio e inquietante, Guy Debord, Jean Baudrillard e Stalin si trovano a fianco di Hitler, Evola e Mussolini.
Nello stesso anno, in un articolo destinato a creare scandalo, intitolato Fascismo, senza frontiere e rosso, Dugin proclama l’arrivo in Russia di “un fascismo genuino, vero, radicalmente rivoluzionario e coerente” e tesse le lodi delle Waffen-SS definendo il reparto scientifico dell’organizzazione “un’oasi intellettuale all’interno del regime nazional-socialista”. Un anno più tardi, siamo nel 1998, Dugin abbandona il Partito Nazional-bolscevico per divergenze ormai insanabili con Limonov accusandolo “d’aver depravato il nazional-bolscevismo, vendendo sé stesso ed il partito ai nemici della Russia”. Ossia agli Stati Uniti e all’Europa Occidentale, autentica ossessione di Aleksandr Gelevich.

Con l’arrivo al potere di Vladimir Putin, ex uomo del KGB, nostalgico dell’URSS, i tempi sembrano ormai maturi per passare dal ruolo di oppositore a quello di consigliere del nuovo zar. Cosa che avverrà puntualmente negli anni a venire quando Dugin affinata ulteriormente la sua dottrina euroasiatica – arriverà ad accusare lo zar Pietro il Grande di aver corrotto la Grande Russia cercando di europeizzarla e a lodare Ivan il Terribile per aver introdotto tra il 1565 e il 1572 una politica interna basata su repressioni di massa, esecuzioni pubbliche e polizia segreta – possiede il curriculum perfetto per candidarsi al ruolo di eminenza grigia del Cremlino. Le idee di Dugin risultano infatti funzionali ai disegni neoimperiali di una Russia che, abiurate le timide riforme in senso democratico dell’epoca di Eltsin, vuole tornare a recitare il ruolo di superpotenza. L’avvicinamento definitivo tra l’inquilino del Cremlino e l’ideologo euroasiatico avviene all’indomani della Rivoluzione Arancione in Ucraina del novembre 2004. Quando nel 2005 Dugin annuncia la creazione di un “movimento giovanile anti-arancione” per contrastare la “peste arancione” in Russia – tale movimento chiamato Unione Giovanile Euroasiatica compirà atti di vandalismo e di violenza in territorio ucraino e verrà messa al bando dal governo di Kyiv – le cerchie del Cremlino iniziano a guardare con crescente interesse alle sue idee. Tre anni più tardi, quando i carri armati russi invadono la Georgia di Mikheil Saakashvili, Dugin si complimenta con il Cremlinodichiarando che la Russia non dovrebbe “limitarsi a liberare l’Ossezia del Sud, ma dovrebbe andare avanti, facendo qualcosa di simile in Ucraina.”
Il resto, l’occupazione militare della Crimea e la guerra in Donbas, è cronaca degli ultimi anni.

Dugin plaude all’azione del Cremlino e considera la riconquista della Crimea e la nascita delle Repubbliche Popolari di Luhansk e Donetsk tasselli chiave di un puzzle più complesso che prevede la colonizzazione dell’Ucraina e la costituzione di una Nuova Unione Sovietica, chiamata Unione Eurasiatica che dovrebbe in futuro estendersi da Vladivostok a Lisbona. E che nasce in contrapposizione al mondo liberale e Occidentale rappresentato da UE e Stati Uniti. L’intuizione delle potenze di terra – l’Eurasia e i territori dell’ex Impero Russo – contrapposte alle potenze di mare – Gran Bretagna e Stati Uniti – teorizzata da Sir Halford Mackinder nel 1904 viene manipolata da Dugin per propagandare l’idea che il conflitto con l’Occidente è condizione che da sempre caratterizza la Russia. Dugin, come ha scritto acutamente Charles Clover, ha trasformato Mackinder, uno sconosciuto accademico dell’epoca edoardiana che non ottenne mai una cattedra a Oxford, “in una sorta di Cardinale Richelieu i cui suggerimenti ai grandi uomini di stato hanno fornito una guida sicura sul timone del pensiero strategico britannico per mezzo secolo e le cui idee continuano ad essere imperativi strategici per una nuova generazione di mandarini segreti”.

Grazie alle connessioni tra Dugin e le elites russe, concetti come quelli dell’Impero euroasiatico e la concezione della geopolitica come rapporti di forza– secondo l’ideologo russo i piccoli stati non hanno alcun diritto alla propria sovranità dal momento che la sovranità dipende dalla forza, non dal diritto internazionale – sono diventate dominanti nella Russia odierna. “L’eurasiatismo per l’Europa è l’europeismo. La Russia-Eurasia non ha bisogno di un’Europa eurasiatista, ma di un’Europa europeista, libera dalla dittatura americana, forte, indipendente e orientata verso i propri interessi geopolitici”. Perché il pensiero eurasiatico che sposa l’antisemitismo di nazisti e stalinisti, l’omofobia e l’odio verso il popolo ucraino – in un video apparso su You Tube all’indomani dell’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina in Donbas, poi rimosso, Dugin incita il popolo russo a sterminare gli ucraini – trova consensi anche in certi ambienti della sinistra europea? Perché il Cremlino viene ritenuto fonte attendibile quando definisce i cittadini ucraini che protestavano sul Maidan dei nazisti? Timothy Snyder sostiene che ciò sia il frutto di letture storiche faziose tornate in auge con l’acuirsi della crisi ucraina. Il primo postulato è sintetizzabile più o meno così. I russi hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale perciò sono considerati affidabili nel riconoscere i nazisti. Questo assunto è profondamente sbagliato! La Seconda Guerra Mondiale fu combattuta principalmente sul fronte orientale nei territori che appartenevano all’Ucraina e alla Bielorussia Sovietica, non alla Russia Sovietica. Solo il 5% del territorio russo fu occupato dai tedeschi, mentre l’intera Ucraina fu occupata dai nazisti. E a parte gli ebrei, che pagarono con il numero più elevato di morti, le maggiori vittime del Nazismo furono ucraini e bielorussi, non russi. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale non esisteva un Esercito Russo, ma un Esercito Sovietico e i suoi soldati erano in maggioranza ucraini. La divisione che liberò Auschwitz fu chiamata non a caso il Primo Fronte Ucraino.

Il secondo assunto è che avendo la Russia di Putin rivalutato la figura di Stalin, considerandolo un eroe nella guerra contro i nazisti, molti intellettuali di sinistra sono portati a identificare l’attuale regime russo come un regime antifascista a prescindere dalle politiche messe in atto. Anche questa è una lettura profondamente sbagliata! La Seconda Guerra Mondiale non inizia, come racconta la storiografia sovietica, nel 1941, ma nel 1939, quando Stalin e Hitler erano alleati per spartirsi l’Europa. Finisce invece nel 1945 con l’URSS che espelle gli ebrei sopravvissuti attraverso la propria frontiera con la Polonia.
Più tardi quando si formò lo stato di Israele, Stalin incominciò ad associare gli ebrei sovietici con il mondo capitalista e iniziò una campagna di arresti, deportazione di massa e uccisioni nei confronti di medici, scrittori ed esponenti dell’intellighenzia ebraica. Dopo la morte di Stalin il comunismo sovietico si connotò sempre più in senso etnico. Furono anni caratterizzati da politiche di russificazione e pulizia etnica verso gli ebrei e più in generale verso le altre etnie dissidenti, come quella ucraina.