La temperature è piacevole a Kiev, si respira aria di primavera, nel weekend la gente passeggia per il centro e i locali sono abbastanza pieni. Se fossi un alieno appena arrivato sulla terra dopo un periodo di assenza di tre anni mi sembrerebbe che nulla è cambiato, nulla che abbia turbato il tranquillo vivere della metropoli Ucraina.

Per le strade non si notano militari e la polizia controlla il territorio in maniera discreta, nulla di apparentemente anomalo. Non essendo però un alieno tutta questa atmosfera contrasta fortemente con quanto si vede a 600 km di distanza.

Incontrandomi con una persona recentemente rientrata dal fronte ho avuto l’opportunità di testare il polso della situazione, specialmente per quanto accade tra i cosiddetti battaglioni volontari. Il quadro che ne è emerso getta alcune ombre sulla possibile tenuta del fronte se mai iniziasse la temuta offensiva russa di primavera.

Taras, lo chiamerò così, è da due anni al fronte, è uno dei più preparati per le sue precedenti esperienze in missioni all’estero, esperienze che ha cercato di trasmettere ai giovani ragazzi che stanno al fronte.

Taras riferendosi ai recenti episodi successi a Kiev durante il weekend della Nebesna Sotnia, dice che “quelli che fanno casini in giro per l’Ucraina non sono dei reali patrioti e nessuno sa da chi sono finanziati e guidati, sono persone che non sono mai state un giorno al fronte in prima linea, sempre in posizioni di retrovia dove non si rischia quasi nulla

Taras si lamenta anche del fatto che i volontari sempre più spesso, dopo essere rientrati dal fronte per un periodo di riposo, decidono di non tornare più in Donbass. “Come biasimare questi ragazzi che hanno vissuto mesi come animali in mezzo al fango e con il rischio giornaliero di essere uccisi che tornano a Kiev o in altre città in licenza e vedono che qui la vita continua assolutamente in maniera normale e che pochi sono interessati a cosa succede in Donbass. Qui sembra che la guerra sia in un altro paese come parlare agli italiani della guerra che c’è in Siria. Noi eravamo in 600 nel nostro battaglione sino ad un anno fa, ora tra defezioni, morti e feriti siamo rimasti un centinaio. Se continuiamo così tra se mesi non ci sarà più nessuno in prima linea a difendere il Donbass. Non pensate che l’esercito abbia lo spirito dei volontari, nella maggior parte dei casi sono ragazzi che a malapena sanno tenere un fucile in mano e sembra non interessare il futuro dell’Ucraina. Spesso la sera sono ubriachi e combinano più guai che benefici.”

“Purtroppo la corruzione c’è ancora come prima e la guerra sta diventando un grande business per alcuni. Da noi ci sono ancora le trincee mentre dall’altra parte hanno ultimato diversi bunker di difesa, hanno armi e munizionamento a volontà anche se si tratta di tecnologia vecchia”

Chiedo a Taras se secondo la sua esperienza pregressa c’è la possibilità di una attacco russo su vasta scala, lui nicchia un attimo e poi mi dice “la Russia sta usando il Donbass non per motivi economici, lì non c’è più niente da sfruttare, è tutto distrutto, lo usano come piazza d’armi dove possono smaltire vecchi arsenali e far ruotare le truppe addestrandole in reale e non in simulazioni. Abbiamo analizzato alcuni proietti e granate che ci hanno sparato, si tratta anche di ordigni della seconda guerra mondiale”

Anche Taras pensa di mollare tutto e non fare più rientro al fronte, “da Maidan in poi ho sacrificato tutto, famiglia, lavoro, vita, ma purtroppo non abbiamo avuto la forza di finire la rivoluzione. Dovremmo farlo adesso andando a prendere tutti quelli che invece di pensare al bene del paese si stanno arricchendo a dismisura ma sappiamo bene tutti che un azione simile permetterebbe alla Russia di invaderci il giorno seguente”

Saluto Taras come sempre abbracciandolo forte ma questa volta ho veramente la sensazione che lui sia sfiduciato e stanco. Certo il suo è il punto di vista di un “volontario”, ma è un pensiero che aleggia da diverse settimane nell’aria, in quella prima brezza di primavera che inizia a spirare a Kiev e che sembra non promettere molto di buono.

Mauro Voerzio