Egregio Presidente Roberto Moncalvo,

le indirizziamo questa lettera aperta con l’auspicio di ottenere un franco confronto che permetta di chiarire alcuni punti divisivi tra la vostra associazione e la comunità ucraina.

All’indomani delle elezioni italiane abbiamo nuovamente sentito da parte vostra la richiesta di rimozione delle sanzioni internazionali verso la Russia, sanzioni che a vostro dire danneggerebbero il comparto agricolo italiano per oltre un miliardo di euro. Si tratta della stessa linea politica proposta dalla Lega e dal M5S,i due movimenti che hanno vinto le ultime elezioni ed anche i due partiti politici italiani che hanno siglato accordi politici con il partito Russia Unita di Putin.

Vi sono però alcuni punti che vengono sottaciuti spesso nei vostri comunicati e sui quali è bene fare estrema chiarezza per dovere di informazione.

Innanzitutto le sanzioni alla Russia non sono “americane” come è stato dichiarato nell’ultimo comunicato, ma si tratta di sanzioni sia Europee e americane che hanno come obiettivo colpire asset industriali e finanziari di personalità resesi responsabili in questi anni di crimini e risultate coinvolte in conflitti che hanno mietuto decine di migliaia di morti e provocato milioni di profughi.

Tali sanzioni non coinvolgono assolutamente il comparto agricolo ne altri settori fondamentali per il nostro export, ma riguardano settori come l’export di armi e componentistica tecnologica legata al settore dell’energia.

Quelle di cui parlate voi sono le cosiddette “contro sanzioni” volute da Putin, ovvero essendo lui stato colpito dalle sanzioni internazionali ha pensato di rilanciare con una forma di ricatto dicendo “non vi compro più il vostro parmigiano”. Va da se, che se anche l’Europa e gli USA eliminassero le “sanzioni” non sarebbe automatico che la Russia procederebbe nello stesso modo, anzi se vogliamo fare un esercizio di fantapolitica potrebbe anche rilanciare chiedendo qualcosa in più.

Secondo punto di cui vi abbiamo sentito poco parlare è che in realtà le contro sanzioni di Putin sono più che altro sanzioni di facciata in quanto i nostri prodotti continuano a confluire a Mosca come in passato. Lei sa benissimo che i prodotti arrivano ora in Russia con le “triangolazioni”, cioè vengono esportati in paesi satelliti (vedi la Bielorussia) rimarcati e poi rivenduti da questi alla Russia. In questa maniera si aggirano le sanzioni (chiunque sia stato a Mosca può testimoniare che gli scaffali dei supermercati sono pieni di prodotti italiani).

Quasi mai analizzate il minor export verso la Russia con un altro dato essenziale che invece dovrebbe essere tenuto in considerazione, e cioè il fatto che negli ultimi quattro anni il potere di acquisto della classe media russa si è contratto di circa il 50% a causa della svalutazione del rublo dovuta a sua volta al crollo del prezzo del petrolio. E’ facilmente intuibile che ad un impiegato russo che sino a quattro anni fa un pezzo di parmigiano costava una giornata di lavoro ora gliene costa due, quindi se va bene ne compra oggi il 50% in meno.

Ma il punto più importante che voi non toccate mai è quello etico, anzi sembra che lo tocchiate solo quando è a vostro favore, il tema dei diritti umani.

Lei ad ottobre dell’anno scorso dichiarava “Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato ed è necessario, invece, che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale”,

Tali dichiarazioni, assolutamente condivisibili, rilasciate a margine di un dibattito che affrontava il problema delle importazioni agricole da Paesi che violano i diritti umani, contrastano con la vostra visione delle sanzioni alla Russia di cui invece ne fate un mero calcolo economico.

Va ricordato che tali sanzioni sono state imposte alla Russia per le violazioni del diritto internazionale circa l’integrità territoriale dell’Ucraina, per l’occupazione della penisola della Crimea e per l’invasione del Donbas. Tali azioni hanno comportato decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia di feriti e due milioni di profughi. In Crimea le ONG internazionali denunciano da anni la violazioni dei diritti umani da parte delle nuove autorità.

Questo strabismo risulta poco comprensibile, perseguire quei paesi che violano i diritti umani e che esportano verso l’Italia mentre quando noi italiani esportiamo verso Paesi che violano i diritti umani diventa etico e accettabile.

Business is Business viene da dire, ma è una strada pericolosa che l’Europa ha già praticato quasi un secolo fa. Quando si sacrifica tutto sull’altare dell’affarismo spietato dimenticando che si colpiranno persone che camminano e vivono come noi, significa essere giunti ad un pericoloso punto di non ritorno.

In un epoca in cui sembra si voglia tornare all’isolazionismo, ad alzare muri e dividere le persone in base alla razza o al colore della pelle, forse il tema del diritto internazionale dovrebbe tornare ad esse un punto fermo in mezzo a mille egoismi. Sacrificarlo sull’altare del profitto può rendere in termini economici oggi ma ritorcersi contro domani quando magari saremo noi quelli più deboli.

Ci piacerebbe condividere con lei queste riflessioni e magari da un confronto più approfondito potrebbe nascere una reciproca maggiore comprensione dei problemi, perché in fondo non esiste cosa peggiore che isolarsi ed arroccarsi nelle proprie posizioni. Il confronto aiuta tutti a crescere.

Distinti saluti.