Si teme che alle elezioni Mosca possa ripetere quanto già fatto in Germania, Francia e Usa. Destabilizzare il nostro Paese significherebbe mettere in crisi l’Ue

Nel judo anche l’atleta più debole, usando una tattica accorta, è in grado sconfiggere l’avversario più forte: basta saper cogliere l’attimo buono per fargli perdere l’equilibrio. Vladimir Putin, grande appassionato di questa disciplina, sta utilizzando una strategia analoga in politica estera: a partire dallo scorso anno il presidente russo, in difficoltà a causa di un’economia interna fragile e delle sanzioni per l’annessione della Crimea, ha iniziato a utilizzare tutto l’armamentario in suo possesso – dagli attacchi informatici tramite terzi alla guerra dell’informazione – per destabilizzare quello che ritiene il suo principale avversario, l’Occidente e il suo modello di democrazia liberale, e acquisire una posizione di forza sulla scena internazionale.

«Putin», ha spiegato al New York Times l’ex vice segretario di Stato americano William J. Burns, «è convinto che il solo modo per far tornare la Russia una grande potenza sia incrinare l’attuale ordine a guida americana, soprattutto in Europa, ma anche in Medio Oriente». Lo strumento attraverso cui il presidente russo sta perseguendo questo obiettivo, scrive su questo numero Mattia Bernardo Bagnoli, è la “dottrina Gherasymov”.

Nel 2013 il capo di stato maggiore delle forze armate russe Valeri Gherasymov, in un articolo sulla rivista Military-Industrial Kurier, teorizzò per il XXI secolo un nuovo modello di conflitto in cui il confine tra la guerra e la pace si fa labile e la dimensione informativa, psicologica e simbolica dell’offensiva diventa preponderante rispetto a quella armata, fatta prevalentemente di azioni militari a bassa intensità (come avvenuto in Crimea).

L’arsenale della nuova guerra comprende l’uso dell’opposizione interna e la manipolazione dei contenuti informativi – da diffondere tramite i canali tradizionali e, soprattutto, i social network – per polarizzare l’opinione pubblica interna sui temi più divisivi, favorire l’ascesa di forze anti-sistema, rendere i Paesi target politicamente instabili e, quindi, più porosi rispetto alle istanze russe.

L’offensiva di Mosca, sperimentata in Ucraina e perfezionata nell’Est Europa, è entrata nel vivo con gli attacchi hacker alle email del Partito Democratico e la campagna di disinformazione durante le presidenziali americane per orientarle a favore di Trump – ma ci sono indizi di possibili interferenze, sebbene non decisive, già ai tempi del voto per la Brexit nel giugno 2016 –, è proseguita con il sostegno a Le Pen durante le presidenziali francesi, poi con quello al partito di ultradestra AfD in Germania e alla formazione xenofoba austriaca FPÖ che si avvia a ottenere un successo senza precedenti alle legislative di domenica. Il prossimo obiettivo, sono pronti a scommettere in molti, e a ragione, saranno le elezioni italiane.

Tra i Paesi europei l’Italia è considerata uno dei più vicini alla Russia – «il ventre molle dell’Europa», ha scritto il New York Times. Per ragioni storiche ed economiche, Mosca gode di simpatie trasversali, ma è soprattutto con Forza Italia che i legami sono più saldi, grazie all’amicizia tra Putin e Berlusconi. Negli ultimi tempi, tuttavia, come spiega Mattia De Nardi, la sfera d’influenza russa si è allargata anche ad altre formazioni, dalla Lega di Matteo Salvini – che a marzo a Mosca, ha firmato un accordo di collaborazione con Russia Unita, il partito del presidente – a Forza Nuova, fino al Movimento Cinque Stelle. Il minimo comune denominatore è l’orientamento anti-europeo e l’avversità alle sanzioni contro la Russia varate dopo l’annessione della Crimea, una misura che ha danneggiato molte aziende italiane che premono per la sua revoca.

A fare da intermediario tra questa congerie di interessi e Mosca è l’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov. Ma c’è chi teme che anche da noi, come già avvenuto in Francia, Germania e nei Paesi dell’Europa Centro Orientale, oltre alla diplomazia visibile, fatta di incontri internazionali e di quelli organizzati da Razov con gruppi d’interesse e associazioni filo-russe, Mosca stia portando avanti un’azione sotterranea per diffondere false informazioni tramite i media controllati dal Cremlino e polarizzare l’opinione pubblica su temi come l’immigrazione, la sicurezza, l’adesione al progetto europeo, che saranno cruciali nella prossima campagna elettorale. Gli indizi non mancano. Intervistata dal New York Times, Celia Kuningas Saagpakk, ambasciatrice dell’Estonia a Roma e studiosa della propaganda russa, sostiene che su questo versante Mosca ha investito molto in Italia. È il caso di Sputnik Italia, sito che diffonde, oltre alla propaganda, false notizie in italiano.

Un’inchiesta condotta da Buzzfeed ha evidenziato come tra i siti che più riprendono e rilanciano le false notizie di Sputnik e di altri canali controllati dal Cremlino, come Russia Today (RT), ci sono gli aggregatori di notizie di proprietà della Casaleggio Associati, società che gestisce buona parte delle attività del M5S. Fino al 2014 la posizione dei Cinque Stelle verso la Russia era stata per lo più critica. Dal 2015 all’avvicinamento politico (riconoscimento dell’annessione della Crimea, richiesta di togliere le sanzioni, poteste per l’uso di forze italiane nelle esercitazioni sul Baltico) si è accompagnato un allineamento mediatico, con la pubblicazione sui siti legati ai Cinque Stelle (da TzeTze a La Cosa) di messaggi pro-russi, anti-Nato e anti-sanzioni.

Ma non sono mancate le false notizie a uso e consumo solo interno. Come nel caso del video mandato in onda da RT, e condiviso ampiamente nella rete del M5S, che mostrava migliaia di persone in piazza contro il referendum costituzionale voluto lo scorso anno dall’allora premier Matteo Renzi. Peccato che quella manifestazione fosse a favore. Per alcuni l’episodio è solo un assaggio di quello che potrebbe accadere nella prossima campagna elettorale. Ma a che fine ci si potrebbe domandare, visto che la Russia intrattiene comunque ottime relazioni con buona parte delle forze politiche italiane, anche a sinistra? Per Mosca destabilizzare l’Italia, spostando consensi sulle forze politiche anti-sistema e anti-Ue, significherebbe mettere in crisi l’intero progetto europeo e aumentare, di rimando, la propria influenza sul continente, scopo ultimo della “dottrina Gherasymov”.

Per capire quanto questo rischio sia reale, basta guardare cosa è accaduto a Est. In uno studio del 2016 il think tank americano Center for Strategic and International Studies ha analizzato le strategie usate dalla Russia in Bulgaria, Lettonia, Serbia, Slovenia e Ungheria per estendere la sua influenza. Anche in questi Paesi Mosca ha creato una rete di media amici e ha cooptato politici vicini ai suoi interessi. L’obiettivo era mettere in crisi la democrazia liberale, mostrandone le disfunzioni. Risultato: in alcuni di questi Paesi, scrivono gli autori dello studio, «l’influenza russa è diventata così pervasiva da mettere in discussione la stabilità nazionale, l’orientamento filo-occidentale e la tenuta euro-atlantica».

Fonte : Domenico Lusi di Pagina 99