Nel breve arco di qualche settimana – il volume è uscito in libreria lo scorso dicembre – The Gates of Europe, saggio di Serhii Plokhy, docente di Storia Ucraina ad Harvard e direttore dell’Istituto di Ricerca Ucraina presso la stessa Università, che ripercorre più di mille anni di storia del Paese, è già diventato un classico dell’ucrainistica.

Il libro, che ha ricevuto le lodi pubbliche sia dell’ex ambasciatore statunitense a Kyiv John Herbst sia dell’accademico inglese Andrew Wilson, professore di Studi Ucraini all’University College di Londra, è lettura imprescindibile per chi voglia approfondire alcune fondamentali questioni emerse in tutta la loro drammaticità nel recente conflitto tra Russia e Ucraina.

Come sottolinea l’autore nelle pagine introduttive, le immagini del febbraio 2014 relative ai cecchini del governo Azarov che aprono il fuoco sulla folla di dimostranti in Maidan Nezalezhnosti a Kyiv uccidendo e ferendo decine di manifestanti filoeuropei, hanno scioccato il mondo e prodotto un punto di discontinuità nella storia europea degli ultimi venticinque anni le cui conseguenze sono destinate ad influenzare non solo i rapporti tra Russia e Ucraina, ma il futuro dell’Europa così come l’abbiamo conosciuta dal crollo del Muro di Berlino ad oggi.

L’annessione della Crimea alla Federazione Russa del marzo 2014, la guerra ibrida in Donbas e l’abbattimento il 17 luglio 2014 nell’oblast di Donetsk da parte dei separatisti filo-russi dell’aereo della Malaysian airlines, che ha causato la morte di 298 persone, hanno trasformato la guerra russo-ucraina in un conflitto dalle dimensioni internazionali.

Il ritorno a una Nuova Guerra Fredda con l’avvento di un neo-imperialismo russo, come già preconizzato da Edward Lucas nel 2007, non è dunque una provocazione intellettuale “per umiliare la Russia di Putin” come scrisse con una certa impudenza l’ex ambasciatore Sergio Romano, ma una realtà con cui occorre fare i conti.

Cosa ha causato la crisi ucraina? Qual è il ruolo della storia in questi eventi recenti? Cosa differenzia gli ucraini dai russi? Chi ha diritto di governare in Crimea e nell’Ucraina orientale? Perché gli avvenimenti in Ucraina hanno forti ripercussioni internazionali?

Il libro di Plokhy cerca di rispondere a questi interrogativi andando alla radice di molti degli attuali problemi, nella speranza “che la storia possa fornire chiavi di lettura per il presente e influenzare il futuro”.

Passando in rassegna, in un volume di “sole” 395 pagine, più di un millennio di storia – dai tempi di Erodoto, (il primo storico a fornire le tre fondamentali direttrici geografiche dell’Ucraina, tuttora valide, da sud a nord rispettivamente costa della Crimea, cuore centrale della steppa e foreste del nord), fino alla recente guerra in Donbas – l’accademico di Harvard, da valente studioso, sceglie con cura gli eventi su cui approfondire la propria indagine.

Per Plokhy, la cui narrazione compendia al suo interno l’approccio hrushevskyano (Mykhailo Hrushevsky è stato il fondatore della moderna storiografia ucraina ed è lo storico cui è intitolato l’Istituto di Ricerca di Harvard di cui Plokhy è l’attuale Direttore) e i moderni approcci transnazionali che enfatizzano il carattere multietnico dello stato ucraino, centrale è il concetto di Europa.

Il libro, il cui titolo, Le porte d’Europa, è ovviamente una metafora “ma da non prendere alla leggera o da liquidare come una trovata di marketing”, mette infatti in evidenza come “l’Europa è una parte importante della storia ucraina” e al contempo “l’Ucraina è parte della storia dell’Europa”.

Situata al margine occidentale della steppa eurasiatica, l’Ucraina è stata per molti secoli porta d’ingresso per l’Europa. A volte, quando le “porte” erano chiuse a causa di guerre e conflitti, l’Ucraina ha contribuito a fermare le invasioni straniere da est e da ovest; quando erano aperte, come è avvenuto per la maggior parte della storia dell’Ucraina, è servita come ponte tra l’Europa e l’Eurasia, facilitando lo scambio di persone, beni e idee.”

Altrettanto importante, accanto a quella di “europeità”, ai fini dell’analisi storica, è la categoria di nazione.

Nazione è un’importante – sebbene non dominante – categoria di analisi ed elemento della storia che, insieme con l’idea d’Europa in continua evoluzione, definisce la natura di questo lavoro. Questo libro racconta la storia dell’Ucraina entro i confini definiti dagli etnografi e dai cartografi della fine del XIX e l’inizio del XX secolo, che spesso (ma non sempre) coincidono con le frontiere dello Stato Ucraino attuale”.

Il saggio di Plokhy nel definire il suo campo d’indagine fa proprie le coordinate geografiche dello storico greco Erodoto sopra ricordate e, pur nella consapevolezza che “la politica internazionale e nazionale forniscono una trama convincente”, considera la geografia, l’ecologia e la cultura i tre fattori fondamentali per leggere gli avvenimenti storici del Paese.

L’Ucraina contemporanea, considerata dal punto di vista delle tendenze culturali di lungo periodo, è un prodotto dell’interazione di due frontiere in movimento, una delimitata dalla linea tra le steppe eurasiatiche e i parchi dell’Europa orientale, l’altra definita dalla frontiera tra Cristianesimo orientale e occidentale. La prima frontiera era anche quella tra popolazioni sedentarie e nomadi e, alla fine, tra Cristianesimo e Islam. La seconda risale alla divisione dell’impero romano tra Roma e Costantinopoli e segna le differenze di cultura politica tra Europa orientale e occidentale che esistono ancora oggi”.

A detta dell’accademico statunitense l’identità dell’Ucraina attuale deriva “dal movimento di queste frontiere nel corso dei secoli”. Tale movimento “ha dato origine a un insieme unico di caratteristiche culturali che costituiscono le fondamenta dell’identità ucraina odierna”.

Questi dunque gli assunti teorici di un lavoro di grande portata il cui maggior pregio, oltre alla chiarezza e alla brillantezza della prosa, è quello di riuscire ad individuare nella millenaria storia dell’Ucraina alcuni passaggi chiave che ancora oggi influenzano con la loro eredità politico-culturale le vicende del Paese.

Di grande interesse le pagine relative all’Ucraina cosacca – Plokhy è un esperto di storia cosacca (The Cossacks and Religion in Early Modern Ukraine; Tsars and Cossacks: A Study in Iconography; The Cossack Myth History and Nationhood in the Age of Empires)– e quelle dedicate al complesso rapporto tra élite ucraine e russe ai tempi dell’Unione Sovietica.

Entrambi i campi d’indagine, sia quello dell’eredità cosacca – le centurie presenti sul Maidan di Kyiv sono espressione di talelegacy storica – sia quello della dialettica di potere tra russi e ucraini nella defunta URSS – cui si deve tra le altre cose la nascita dei clan di Dnipropetrovsk e di Donetsk, che tanto peso hanno avuto nella storia dell’Ucraina indipendente – risultano illuminanti per comprendere molti dei problemi attuali.

Di Massimiliano Di Pasquale