Articolo apparso su Il Giornale che segue la retorica di Ucraini = Nazisti oramai divenuta un po’ stucchevole in quanto si tratta di articoli che vengono riproposti ciclicamente con il copia e incolla. E’ il caso di Stepan Bandera, personaggio che ogni anno in questo periodo viene menzionato come esempio della presunta ideologia nazista ucraina.

Il primo errore lo notiamo subito all’inizio “Tra Ucraina e Israele si è aperto in questi giorni un duro scontro diplomatico a causa dell’introduzione, da parte del parlamento di Kiev, di una festa nazionale dedicata a un“militante antisemita”. In realtà in questi giorni abbiamo assistito alla firma tra Israele e Ucraina dell’accordo di libero scambio con il presidente Benjamin Netanyahu che ha avuto grandi parole di stima per l’Ucraina e per tutta la comunità ebraica (la più grande in Europa) che li vive.

L’articolo prosegue con tutte le solite keywords, segno che a poco sono serviti i chiarimenti storici emersi in questi anni, che proverebbero la tesi di una Ucraina verso una deriva nazista. La cosa quasi comica è che questi articoli vengono pubblicati in Italia proprio in un periodo storico dove il governo italiano sta riprendendo tutta la retorica e la narrativa del ventennio fascista.

Riproponiamo di seguito un’analisi del 2014 di Massimiliano Di Pasquale che descriveva la complessa figura di Stepan Bandera, nella speranza che sempre più persone comprendano quanto sia fallace la propaganda russa in merito a tale tematica.

“Bollato dalla storiografia sovietica e russofila come un fascista – nell’ex URSS il termine è usato quale sinonimo di nazista – Bandera è riverito nell’Ovest del paese come un eroe nazionale, tant’è che molte cittadine della Galizia e della Volinia gli hanno dedicato monumenti e vie.
Per comprendere la complessa figura del leader dell’OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini) nato il 1° gennaio del 1909 nel villaggio di Uhryniv Staryi, è necessario gettare uno sguardo alla situazione dell’Ucraina alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Mentre le regioni orientali sono dissanguate dallo stalinismo – la tragedia del Holodomor, la carestia artificiale del ’32-’33 uccise per fame diversi milioni di ucraini – la parte occidentale subisce una pressione ormai insostenibile da parte della Polonia. La storia, come ai tempi degli etmani Bohdan Khmelnytskyi e Ivan Mazepa, sembra ripetersi. Ancora una volta il sogno di un’Ucraina libera e indipendente deve fare i conti con l’imperialismo russo e polacco.
In seguito al patto Molotov-Ribbentrop, con il quale nazisti e sovietici decidono di spartirsi l’Europa in sfere d’influenza, l’URSS invade l’Ucraina occidentale e crea un regime ancora più oppressivo che in poco meno di due anni manda a morte mezzo milione di ucraini. In questo periodo Bandera cerca inizialmente di trattare con i tedeschi nella vana speranza di ottenere qualche libertà per il suo paese. Resosi conto che ciò è impossibile, l’OUN lancia una lotta sui due fronti: quello antinazista e quello antisovietico. Quando nel 1941 Bandera proclama nella liberata Leopoli lo Stato ucraino, viene imprigionato dai nazisti. I membri del governo provvisorio ucraino da lui istituito vengono arrestati, uccisi o spediti nei campi di concentramento. Prima dello scoppio della guerra tra sovietici e tedeschi del 1941, suo padre, il reverendo Andriy, è condannato a morte da un tribunale militare sovietico, e le sorelle Marta e Oxana vengono arrestate e imprigionate nei Gulag semplicemente per essersi rifiutate di fornire informazioni sul fratello e di cooperare con i sovietici. L’anno seguente Bandera è imprigionato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, vicino a Berlino. Nei terribili anni tra il 1941 e il 1944 la famiglia del leader nazionalista è vittima delle violenze incrociate di nazisti e sovietici.
La fine della Seconda Guerra Mondiale non sancisce affatto la fine della lotta per l’indipendenza dell’Ucraina assegnata dopo il Patto di Yalta all’URSS. Nel 1946 Volodymyra, la sorella di Bandera, e suo marito, il reverendo Volodymyr Davydyuk, sono arrestati dalle autorità sovietiche e imprigionati in un Gulag; Stepan, che risiede a Monaco con la famiglia, è oggetto di una lunga serie di attentati. Sarà assassinato al sesto tentativo nel 1959 dall’agente del KGB Bohdan Stashynsky, che qualche anno più tardi confesserà di essere stato anche l’esecutore materiale dell’avvelenamento del leader nazionalista ucraino Lev Rebet. “