Gli avvenimenti di questi giorni in Ucraina sono di non facile lettura e certamente stanno segnando una ulteriore cesura nella società ucraina. La polarizzazione creata durante le elezioni presidenziali negli ultimi giorni è ancor più evidente e marcata. Sembra di assistere al dialogo tra elettori cinque stelle e partito democratico di alcune settimane in Italia fa quando la risposta tipo alle critiche al Movimento cinque stelle era “e allora il pd?”.

Dopo la firma del piano Steinmeier si è registrata una pronta reazione di parte della società civile e domenica è in programma una grande manifestazione a Kyiv. Chiunque non sia d’accordo con quella che apparentemente sembra una resa alla Russia viene catalogato come supporter dell’ex presidente Petro Poroshenko e quindi “traditore della patria”. Dall’altra parte chi sostiene il neo presidente viene bollato come pro russo.

Ora a prescindere dalle ragioni degli uni o degli altri, se si analizzano i fatti a nostra disposizione otteniamo una visione che forse sfugge a prima vista.

Ho provato ad analizzare i fatti basandomi sugli letture e sulle evidenze accumulate in questi anni di studio e ne ho tratto alcune conclusioni.

Parto dall’assunto che la Russia ha mosso guerra all’Ucraina a partire dal 2014 utilizzandola come “poligono” per testare l’efficacia delle armi da usare nelle nuove guerre ibride teorizzate da Gerasimov, ho messo in fila alcuni fatti.

Il primo obiettivo della Russia è sempre stato quella di bombardare mediaticamente l’Ucraina con un numero impressionante di notizie false. Lo scopo fondamentale di ogni war informations è quello di creare caos nella società avversaria e di dividere i cittadini al suo interno. La polarizzazione della società ucraina è avvenuta in maniera perfetta durante le presidenziali dove i due candidati si sono affrontati come “nemici” in uno stadio (scelta non casuale perchè lo stadio è il luogo naturale dello scontro, mentre una tribuna politica in televisione avrebbe dato di più la sensazione di un confronto) e si sta completando in questi giorni quando queste due polarizzazioni stanno cominciando a guardarsi in cagnesco pronti ad azzannarsi uno con l’altro.

Tra chi è sceso subito in piazza per protestare contro la firma della resa alla Russia (perchè obiettivamente di questo si tratta) c’è una disorganizzata società civile e gruppi di estrema destra che avevano fatto perdere le loro tracce dopo l’elezione di Zelensky, ma che sono ricomparsi in questi giorni (i gazebo di Natsyonalny Korpus da Maggio erano scomparsi dopo essere stati presenti nei mesi precedenti in ogni piazza di Ucraina). Questi ultimi sono quelli che forse fanno più paura, primo perchè non si è ancora capito bene chi sta dietro di loro e secondo perchè sono quelli che potrebbero far degenerare una legittima protesta pacifica nel caos di uno scontro armato.

Il comandante di Azov Andrij Biletsky ha twittato che è arrivato il momento di andare a Kyiv per far sentire la voce di Azov, ma Azov è il battaglione di Igor Kolomoisky, colui che è considerato il vero presidente dell’Ucraina, l’uomo forte dietro Zelensky. Ergo cosa va a fare Biletsky a Kyiv?

Non ha senso vedere il battaglione dell’oligarca marciare contro il suo pupillo politico…

In tutta questa faccenda va tenuto presente ancora un elemento molto importante e cioè che la narrativa della Russia in questi sei anni è stata sempre che l’Ucraina non esiste come stato, che il potere è stato preso con un golpe neonazista e che la società ucraina non è in grado di esprimere una democrazia compiuta e che è in atto una guerra civile.

Va da se che in caso di tumulti violenti contro il presidente neo eletto si verificherebbe l’opportunità perfetta per la Russia di intervenire militarmente nel paese su vasta scala, giustificando l’azione in quanto i fatti confermerebbero le tesi di Mosca e aggiungendo che la Russia non potrebbe convivere con un vicino in cui vi è una guerra civile permanente. In tale ottica la Russia potrebbe inviare le truppe di terra come peace keeper, proprio l’opzione prevista da Gerasimov nella sua dottrina militare.

A questo punto il gioco della Russia di  Putin sembra un gioco win win. Se il piano Steinmeier viene attuato è riuscita a prendersi la Crimea e a creare una nuova Trasnistria (i cui costi di ricostruzione ricadranno interamente sul portafogli dei cittadini ucraini) mentre se ci fosse una opposizione violenta potrebbe conquistare tutto il paese manu militari, questa volta con la benedizione internazionale.

Alla fine di questo ragionamento una domanda che dobbiamo porci è: “non è che qualcuno sta lavorando a questo scenario?

Appare illogico che chi ha firmato quel protocollo non aveva previsto le reazioni, neanche al primo anno di studi internazionali si farebbe questo errore. Quindi hanno previsto questa opzione ma al momento non è dato sapere come intendano affrontarla.

Oltre l’analisi (condivisibile o meno) è opportuno fornire alcuni suggerimenti su cosa fare in una situazione che sembra senza vie di uscita.

Una soluzione ci viene fornita dai disinformatori stessi, applicando in fase difensiva ciò che loro usano per intaccare le nostre democrazie.

Dallo studio della disinformazione noi sappiamo che uno degli effetti che maggiormente favorisce la radicalizzazione e la polarizzazione dei gruppi è l’effetto di ritorno di fiamma (Backfire effect) che è un pregiudizio cognitivo. Pertanto l’unica via per smontare questa trappola costruita ad arte è utilizzare strategie di riduzione del Bias cognitivo per provare contrastarlo efficacemente. Tali strategie includono, ad esempio, l’aumento della consapevolezza delle persone riguardo a questo pregiudizio, usando spiegazioni più semplici possibili e cambiando il modo in cui si presentano le
informazioni. Va quindi detto che quando si parla con persone che hanno un’idea diversa dalla nostra e tentiamo di convincerle che qualcuno le sta manipolando, bisogna ricordare che come
si presenta una informazione è importante quanto l’informazione stessa se si vuole evitare un backfire effect. È necessario esporre le nuove informazioni in modo non conflittuale, in maniera tale che consentano alle persone di interiorizzare i nuovi fatti e giungere alla conclusione che si desidera che questi nuovi fatti vengano interiorizzati.

Inoltre, se si vuole veramente raggiungere l’obiettivo di far prevalere il proprio punto di vista, va ricordato che attaccare l’altra persona per il fatto di avere un’opinione “sbagliata” è improbabile che funzioni, dal momento che questo atteggiamento metterà la controparte in una posizione di difesa mentale, dove non si è disposti ad accettare nuove prove.
Questo è particolarmente importante da tenere a mente, perché se le persone ti percepiscono come incivile o ostile, sono più propensi a dubitare della validità della tua argomentazione, anche se l’argomento stesso è razionale e ben fondato. Oltre a ridurre l’effetto di ritorno di fiamma che provano le altre persone, si può anche usare la nostra comprensione di questo pregiudizio al fine di ridurre il “livello di esperienza”. Il modo basilare per ridurre il nostro effetto di ritorno di fiamma è di essere consapevoli della sua influenza e di modificare il modo in cui reagiamo quando incontriamo informazioni che contraddicono le nostre convinzioni. Nello specifico, quando incontriamo tali informazioni, non dovremmo ignorarle a titolo definitivo o cercare immediatamente di spiegare perché sono sbagliate. Dovremmo invece prima provare a guardarle con occhi nuovi e valutarle in base al loro merito, senza confrontarle con la nostra teoria preesistente sull’argomento.

Ciò che oggi non vogliono gli architetti della situazione che si è venuta a creare in Ucraina è proprio che le persone si parlino e che magari i politici si espongano a dei confronti pubblici e non a dei video registrati e diffusi sulla rete. Bisognerebbe esigere un confronto fatto non su opinioni o pregiudizi ma su fatti specifici. Per esempio sul documento ci sono scritte delle cose, bene bisognerebbe parlare solo di quelle e sviscerarle a fondo. Se non c’è scritto (è solo un esempio a caso) che il controllo dei confini spetta all’esercito ucraino, qualsiasi affermazione diversa sarebbe fuffa inutile. L’approccio non dovrebbe essere nei confronti dell’attuale composizione politica di Sluga Narodu di tipo conflittuale, ma invitarli a spiegare pubblicamente alcune cose con lo scopo di capire meglio tutti insieme.

Non esiste la possibilità di un terzo Maidan, esiste solo la possibilità della fine di uno stato che si chiamava Ucraina.

Mauro Voerzio