Il processo che vede imputato Vitaly Markiv quale presunto colpevole per la morte di Andy Rocchelli, stra procedendo come da calendario e udienza dopo udienza sembra sgretolarsi l’impianto accusatorio, messo in dubbio dagli stessi testimoni dell’accusa che nelle ultime udienze hanno modificato parecchio le versioni fornite precedentemente alleggerendo molto la posizione del soldato ucraino.

Alcuni giornali però continuano a riportare delle fantasiose ricostruzioni nelle quali Markiv viene descritto come uno spietato assassino. Il fatto che l’Associazione Nazionale Giornalisti si sia costituita parte civile ed abbia richiesto una cospicua somma di denaro come risarcimento, non aiuta certo a chi vuole continuare a credere nell’indipendenza del giornalismo italiano, e sicuramente fa sorgere qualche dubbio sulle campagne mediatiche volte a mettere in cattiva luce Markiv. Come diceva Andreotti a pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca.

Veniamo al caso di questo controverso articolo pubblicato venerdì  18 gennaio su Avvenire.

Partiamo dal sottotitolo “A Pavia è indagato un ex paramilitare“. Abbiamo già spiegato innumerevoli volte che Markiv è regolarmente arruolato nella Guardia Nazionale Ucraina, quindi è un “paramilitare” come l’autore del pezzo è un “paragiornalista

Poi continua “Diceva di avere avuto un ruolo marginale nella milizia filogovernativa che bersagliava i paramilitari filorussi” Anche qui una delle parole chiave più usate dalla disinformazione italiana sull’argomento, “milizia filogovernativa” usata invece del termine corretto “esercito ucraino

Subito dopo (e questo denota come l’articolo non sia costruito per raccontare un fatto ma attorno a delle parole chiave che confliggono anche all’interno dello stesso paragrafo) Markiv non è più un miliziano ma un Comandante dell’esercito nazionale “Vitaly Markiv, 29 anni, comandante italo-ucraino dell’esercito nazionale di Kiev “. Markiv come hanno dimostrato le carte processuali non era un ufficiale e non aveva alcun compito di comando.

Una delle leve usate dalla difesa di Markiv riguarda la postazione da cui è partito il cannoneggiamento a colpi di granata contro tre fotografi e altri civili che erano stati precedentemente bersagliati da tiri di Kalashnikov ma si erano poi rifugiati dietro a un terrapieno.” Il tiro di mortaio era un fuoco di sbarramento, come confermato dal Comandante della postazione,  in quanto dalla base della collina i “filorussi” avevano iniziato a sparare. Il fuoco non era diretto verso i civili come anche confermato durante la deposizione di Roguellon settimana scorsa nella quale ha ammesso che in quella zona era presidiata e controllata dai cosiddetti “filorussi” che avevano aperto il fuoco per primi.

Nelle foto che riporta il giornale, e che sarebbero le prove che i soldati ucraini potevano vedere bene la zona dove è morto il reporter italiano, non si vede assolutamente la fabbrica Zeus, luogo della morte di Rocchelli. Per stessa ammissione del giornale tali foto si riferiscono all’estate 2014 quando Sloviansk era già stata liberata e quindi la situazione era molto differente in quanto la collina non era più oggetto degli assalti e del cannoneggiamento da parte dei “filorussi”.

Nel paragrafo successivo Markiv ritorna ad essere un miliziano, “Inoltre Mirkov ha sempre cercato di ridimensionare il suo ruolo nella milizia

Altra cosa ridicola è questo passaggio “Ma in diverse foto si ritrae in tenuta da combattimento, armato di fucile AK-74 (una versione evoluta del Kalashnikov) , munito di ottica per il tiro a lunga distanza e visione notturna.” come se avere un’ottica a lunga distanza possa influire sul tiro utile della sua arma. L’arma di Markiv, con o senza ottica ha un tiro massimo di 600 metri, Rocchelli si trovava quasi a due kilometri.

Chiamatelo se volete “giornalismo” o “paragiornalismo