Quanto accaduto a San Pietroburgo mette a nudo le tante contraddizioni della propaganda e della disinformazione russa. Partendo dal cordoglio che deve essere espresso a tutte le vittime civili del terrorismo, abitino a San Pietroburgo o ad Aleppo, vittime senza alcuna responsabilità diretta per le malefatte dei loro governanti, va anche detto che l’attentato di lunedì ha evidenziato macrocopiche contraddizioni nella narrazione di Mosca.

In occidente gli ammiratori di Putin ripetono da sempre, come un mantra, che lo zar è l’unico in grado di salvare l’occidente dall’aggressione islamica e che solo lui ha capito come deve essere gestita e trattata “questa gente”. Putin è stato eretto a baluardo della Cristianità sottacendo sul fatto che a Mosca il 20% della popolazione è di fede mussulmana (due milioni) cifra che rende la capitale russa la più islamica di tutto il continente europeo.

Si è taciuto il fatto che il 25% dei combattenti ISIS parlano russo e/o hanno passaporto della Federazione russa, si è taciuto il fatto che le file dell’ISIS sono state ingrossate proprio dai servizi russi che all’indomani della guerra in Cecenia offrivano ai prigionieri di guerra di morire nelle carceri di Santa Madre Russia o di arruolarsi in Siria.

Ora viene meno anche la narrazione che c’è un russo laddove si parla la lingua russa, leit motiv usato dalla propaganda russa per giustificare la propria presenza nel Donbas ucraino. L’attentatore sarebbe un cittadino russo di origini kirghize quindi per la retorica un Russo… I media hanno invece iniziato a far dei distinguo, in questo caso scompare l’etichetta “cittadino russo” sostituita da “cittadino Kighizo”.

La stessa cosa è avvenuta nei TG italiani relativamente al ricercato per per il delitto di Bologna. Chi ha visto ieri Skytg24, La7, Rai1 ed altri canali, avrà sicuramente notato che nei titoli si parlava di un cittadino ex militare dell’EST EUROPA. La cosa è apparsa assai strana in quanto normalmente durante questi eventi va di moda il “dagli allo straniero” così un “ALBANESE” massacra un ragazzo, un ROMENO effettua una rapina in villa, un NIGERIANO faceva prostituire etc.etc. Invece ieri per tutto il giorno si parlava di un cittadino dell’est Europa, incuriosito dal fatto e approfondita la notizia è stata svelata la magagna, è un cittadino RUSSO, si chiama Igor Vaclavic, ex soldato dell’Armata Rossa. Si è trattato di un chiaro caso della “manipolazione” delle parole, cioè di come nascondere una verità seppur senza scrivere una bugia, una tecnica di neolingua applicata sempre più spesso nella nostra informazione allo scopo di indirizzare il fruitore verso una narrazione consona agli interessi di chi la divulga.

Questi tipi di manipolazioni sono le più pericolose perchè appartengono all’insieme delle “verità manipolate”, cioè la notizia è vera, non vi sono apparenti fake o falsità ma si gioca sul senso delle parole, così come ad esempio si giocava quando la Goracci da Donetsk non parlava di truppe russe o milizie paramilitari o peggio ancora di terroristi, ma di “RIBELLI” una definizione romantica che pota i nostro pensieri a James Dean, a personaggi che pur nella loro complessità sono diventati dei miti positivi.

Mauro Voerzio