Da alcune settimane il progetto StopFake è sotto attacco mediatico. L’uso della consueta narrativa ucraini=nazisti ha rivelato da subito che si trattava di una azione di guerra ibrida e non di un campagna diffamatoria a bassa intensità. Altro elemento che evidenziava lo shit storm in arrivo è che non si è attaccato il progetto ma le persone che lo compongono, nella fattispecie il direttore del progetto Evghen Fedchenko e Marko Suprun (marito dell’ex ministro della salute). E’ chiaro che quando si attaccano le persone a livello personale, significa che non è possibile attaccare la bontà del progetto. Si cerca quindi di discreditarne gli autori perché così facendo si discredita di conseguenza anche tutto il progetto.

L’attacco è stato coordinato, partito dall’interno (Ucraina), come nelle migliori tradizioni del reflexive control, e supportato da attori esterni quali Russia, USA, ma anche l’immancabile Italia con Fulvio Scaglione.

Sulla vicenda in se stessa non voglio tornare, (qui il comunicato ufficiale della redazione) ma vorrei porre l’attenzione sulle tempistiche.

L’attacco frontale (e con gran dispiego di mezzi) arriva poche settimane dopo che StopFake è stato riconosciuto da Facebook come uno dei 54 partner internazionali per la lotta contro le fakenews, piattaforma social su cui sappiamo circolare la maggior parte della disinformazione mondiale.

Prima di questo evento StopFake aveva condotto per sei anni il suo lavoro senza subire particolari attacchi. In Italia non lo conosceva quasi nessuno se non la buon anima di Giulietto Chiesa, che da fine conoscitore delle dinamiche disinformative, aveva riconosciuto in StopFake un nemico per le attività russe in Italia. Non a caso Giulietto Chiesa effettuò contro StopFake Italia la stessa attività che vediamo dipanarsi oggi nel resto dell’Europa, accusandoci di Nazismo.

La vicenda è nota, a Novembre Giulietto Chiesa era stato condannato dal Tribunale di Roma per diffamazione aggravata ammettendo così che le sue accuse erano del tutto inventate e senza alcun fondamento.

Come spesso mi è capitato di ripetere in varie occasioni, quando si leggono narrative e keywords notoriamente usate dalla disinformazione, è il momento di drizzare le antenne perché molto probabilmente ci troviamo di fronte a materiale manipolato o che comunque non ha nulla a che vedere con l’informazione.

Per ora StopFake continua la sua opera di contrasto alla disinformazione, lo fa in maniera volontaristica in quanto per scelta non accetta aiuti finanziari governativi e non ha alcun donatore da quasi due anni (prima l’Ambasciata UK contribuì non poco a mantenere vivo il progetto). Probabilmente questo attacco è un messaggio a coloro che avrebbero voluto supportare finanziariamente il nostro progetto, ovvero “guarda che il tuo nome sarà associato ai Nazisti!!“, o a quelle forze politiche che stanno cominciando ad interessarsi di disinformazione. E’ chiaro che senza finanziamenti l’attività non può che essere limitata alla buona volontà degli aderenti e non è possibile organizzare conferenze, momenti di incontro o anche solo pagare biglietti del treno per partecipare ad inviti in Università o altri luoghi ove si possa dibattere di questa materia.

Stopfake in questi anni si è contrapposto a Sputnik e Russia Today come Davide contro Golia, senza budget e senza supporti politici. Ognuno dei suoi aderenti ha subito delle conseguenze per questa attività, chi più chi meno.

In Italia possiamo rivendicare con orgoglio di aver esposto PRIMA dell’arresto di Vitaly Markiv, le ragioni per cui Andrea Rocchelli non poteva essere stato ucciso da fuoco intenzionale proveniente dalla collina. Siamo stati gli unici in Italia a sostenere l’innocenza di Markiv quando tutti se ne stavano rintanati al calduccio a osservare cosa accadeva. Siamo stati gli unici ad esporre la falsità di documenti portati in aula dall’accusa.

Nonostante questo, per gli agenti della disinformazione russa in Italia rimaniamo dei nazisti come le facce rosse e rubiconde che affollavano l’aula di Pavia.

Siamo tutti dotati di libero arbitrio, sta a noi scegliere da che parte stare.